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25/02/2017

Cinema : riflessioni sul tema di Geppetto (Pinocchio)

Una triste canzone tratta dal film LE AVVENTURE DI PINOCCHIO composta da Fiorenzo Carpi dove un anziano falegname vedovo, Geppetto, vorrebbe vedere realizzare il suo sogno di avere un bambino vero creando Pinocchio, un burattino di legno. Un sogno nel cassetto, un rimpianto che ciascuno, a seconda della sua vita,  possiede.




Come mai Geppetto vuole costruirsi un burattino? Perché? Cosa gli è successo che lo vuole costruire?



Geppetto è solo e vuole compagnia da una cosa fatta da lui. Lo vuole perché, magari, i bambini del vicinato non lo prendono più in giro. Pensa di diventare così un papà come gli altri e questo lo renderà normale.

Vuole giocare con qualcosa che lo faccia divertire perché lui è sempre solo ed è stanco di esserlo.

Vuole qualcuno a cui confidare i suoi segreti, i suoi affari, i suoi sogni, le sue emozioni e tutto quello che lo fa sentire vivo, vuole smettere di sentirsi una candela spenta.

Vuole farselo perché non ha niente per divertirsi e, invece, vuole andare al circo a spendere i soldi, vuole viaggiare per il mondo ma in compagnia. Vuole vedere tutto quello che la Terra ha da far vedere ma non da solo.



Perché Pinocchio è dispettoso con Geppetto prima ancora di nascere?



Pinocchio fa del male a Geppetto per far capire che:

- è intelligente;

- come ogni papà ha le responsabilità di suo figlio;

- deve essere consapevole delle conseguenze di essere padre;

- si deve occupare dell'ABC della sua educazione;

- Pinocchio vuole diventare un bambino, vuole la sua identità;

- Pinocchio non vuole esser preso in giro perché lui non è diverso, ma Geppetto lo ha costruito diverso;

- è arrabbiato perché non ha una mamma come gli altri;

- forse aveva avuto un figlio prima di lui, ma magari è morto e lui ne voleva assolutamente un altro.


FONTE : http://piccolipinocchinelweb.blogspot.it/2014/11/riflessioni-dopo-la-lettura-del-secondo.html


TESTO :
Come è triste l’uomo solo, che si guarda nello specchio
Ogni giorno un po’ più vecchio che non sa con chi parlare,
passa giorno dopo giorno senza avere senza dare,
quando il sole va a dormire ed il cielo si fa scuro,
resta solo una candela ed un’ombra sopra il muro.


Per non essere più solo mi son fatto un burattino,
per avere l’illusione d’esser padre di un bambino
che mi tenga compagnia, senza darmi grattacapi
che non usi la bugia come pane quotidiano
e che adesso che son vecchio possa darmi anche una mano.


Come è stato lo sapete, è la storia di Pinocchio naso lungo e capo tondo
che va in giro per il mondo, che pretende di pensare e su tutto ragionare.

Chi mi dice di ascoltarlo, chi mi dice di punirlo,
ma non so che cosa fare non è facile educare,
lui non vuole andare a scuola, lui non vuole lavorare…
Debbo dirvi in confidenza che com’è non mi dispiace
m’è riuscito proprio bene: più lo vedo e più mi piace.

19/02/2017

Jacinto Chiclana - Milonga (Borges - Piazzolla)


  
Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges criticó a un certo momento il tango e preferì la milonga, che non trasmette la malinconia del primo. Borges è autore dei testi di Jacinto Chiclana, una milonga musicata da Astor Piazzolla, nella quale ricorda la figura di un corajudo (valoroso) guapo che soleva porre la sua abilità nel coltello al servizio di capi politici.
 
tangolecce.it

Temi del Tango

Me acuerdo, fue en Balvanera,
en una noche lejana,
que alguien dejó caer el nombre
de un tal Jacinto Chiclana.
Algo se dijo también
de una esquina y un cuchillo.
Los años no dejan ver
el entrevero y el brillo.

¡Quién sabe por qué razón

me anda buscando ese nombre!
Me gustaría saber
cómo habrá sido aquel hombre.
Alto lo veo y cabal,
con el alma comedida;
capaz de no alzar la voz
y de jugarse la vida.
Nadie con paso más firme

habrá pisado la tierra.
Nadie habrá habido como él
en el amor y en la guerra.
Sobre la huerta y el patio
las torres de Balvanera
y aquella muerte casual
en una esquina cualquiera.
Sólo Dios puede saber

la laya fiel de aquel hombre.
Señores, yo estoy cantando
lo que se cifra en el nombre.
Siempre el coraje es mejor.
La esperanza nunca es vana.
Vaya, pues, esta milonga
para Jacinto Chiclana.

 


Mi ricordo, fu in Balvanera,
in una notte lontana,
che qualcuno lasciò cadere il nome
di un tale Jacinto Chiclana.
Altro si disse anche
di un angolo e di un coltello.
Gli anni ci lasciano vedere
la rissa e lo splendore.

Chi sa per quale ragione

mi perseguita questo nome!
Mi piacerebbe sapere
come sarebbe stato quell'uomo.
Alto lo vedo e giusto,
con l'anima cortese;
capace di non alzare la voce
e di giocarsi la vita.
Nessuno con passo più fermo

avrà schiacciato la terra.
Nessuno sarà stato come lui
nell'amore e nella guerra.
Sul terreno e il patio
le torri di Balvanera
e quella morte casuale
in un angolo qualsiasi.
Solo Dio può sapere

la mente fedele di quell'uomo.
Signori, sto cantando
ciò che si sigla col nome.
Sempre il coraggio è meglio.
La speranza mai è vana.
Vada, poi, questa milonga
per Jacinto Chiclana.

 
it.wikipedia.org

Milonga (musica)

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
La milonga è un genere musicale folkloristico della regione del Rio de la Plata, tipico dell'Argentina e dell'Uruguay. Imparentato con il candombe, il tango e la habanera.

Introduzione

La milonga è una danza popolare di origine uruguaiana che deriva dalla più comune Habanera, importata dall'America Meridionale agli inizi del XIX secolo, alla quale è stato sostituito il ritmo di 6/8 con uno più semplice e lineare di 2/4. Un ritmo quest'ultimo che si addice molto di più ad una danza da sala rispetto all'habanera anche se, per la loro somiglianza, spesso la milonga veniva chiamata anche l'habanera dei poveri.
Negli anni a venire, però, il tango tolse molta popolarità alla milonga che venne presto confusa con il tango stesso, da questo deriva la definizione di tango-milonga, cioè un tipo di tango con un adattamento leggermente più veloce e dal ritmo molto più marcato.
Di questo genere in particolare è interprete uno fra i maggiori ballerini argentini: Rubén Celiberti.

Origini

Nacque nei primi anni del XIX secolo nelle case da ballo frequentate da gente povera o comunque non benestante. Per estensione, era usato anche per indicare le donne che lavoravano in queste case da ballo.
Il vocabolo milonga può significare parola, confusione, litigio. L'origine precisa è incerta e discussa. Si sa, tuttavia, che possiede elementi della musica africana nella sua struttura ritmica e influenze di danze creole ed europee importate nella regione di Buenos Aires attraverso diverse vie, principalmente dal Perú, Spagna, Brasile e Cuba. Succedeva in quell'epoca il fenomeno che si conosce come “de ida y vuelta” (di andata e ritorno) perché i generi viaggiavano dall'America all'Europa e viceversa acquisendo trasformazioni e adattamenti in ogni regione specifica.
Ha somiglianza con altri ritmi come la chamarrita, il choro, il candombe e la habanera. Si presume che abbia apportato elementi al tango, che dopo prese la forma originale della milonga propriamente come sottogenere.
La milonga Rosista si considera una delle più vecchie:
(ES) « Dicen que viene del norte
las tropas del general;
con mucho galón dorado
que a Rosas quieren voltear
 »
(IT) « Dicono che vengono dal nord
le truppe del generale;
con molti galloni d'oro
ché Rosas vogliono rovesciare »
Nel 1830 arriva la guajira, probabilmente con il nome di Tirana; ce ne sono diverse composte in Buenos Aires. Quando Urquiza sconfigge Rosas nella batalla de Caseros nel 1852, i brasiliani, che formavano parte dell'esercito Grande, intonavano guajiras dicendo che cantavano milonga.
(ES) « "Podemos concebir su origen como la contradanza europea en su versión ciudadana rioplatense y, siguiendo la idea de Grenet, describirla como una melodía criolla rioplatense fundida al poderoso aliento de los tambores candomberos", de cuyos ritmos "es hija directa" » (IT) « "Possiamo concepire la sua origine come la contraddanza europea nella sua versione cittadina rioplatese e, seguendo l'idea di Grenet, descriverla come una melodia creola rioplatese fondata sul poderoso respiro dei tamburi candomberos", dei cui ritmi "è figlia diretta". »
(( Horacio Ferrer))
(ES) « "La milonga es el género folclórico vivo por excelencia en mi tierra(...)se trata de un rítmo que recibe influencias afro y por cierto, proviene también como una buena parte del folclore nuestro, del folclore del sur de España, el folclore andaluz. Pero comprende una vasta zona del cono sur, la pampa argentina y las praderas onduladas de la banda oriental."  » (IT) « "La milonga è il genere folclorico vitale per eccellenza della mia terra [...] si tratta di un rítmo che riceve influenze afro e di certo proviene, come una buona parte del folclore nostro, dal folclore del sud della Spagna, il folclore andaluso. Ma comprende una vasta zona del cono sur, la pampa argentina e le praterie ondulate della fascia orientale." »
(( Alfredo Zitarrosa, entrevista radial, Madrid 1976))
La milonga è coesistita insieme alla habanera, ma regnò in ambienti sociali molto umili. Per questo la si è perfino chiamata habanera dei poveri. Esiste anche una antica variante uruguayana, apparentemente esclusiva della città di Montevideo, chiamata Milongón.

Campera o urbana

La milonga campera è leggera, benché non tanto come la milonga urbana; s'interpreta con chitarra e non ha coreografia.

Differenze con il tango

Sebbene tanto la milonga come il tango sono al compás (tempo) di 2/4 o 4/4, le 8 semicrome della milonga sono distribuite in 3 + 3 + 2, invece il tango possiede un ritmo più quadrado. I testi della milonga sogliono essere picareschi.

Borges e la milonga

Lo scrittore argentino Jorge Luis Borges criticó a un certo momento il tango e preferì la milonga, che non trasmette la malinconia del primo. Borges è autore dei testi di Jacinto Chiclana, una milonga musicata da Astor Piazzolla, nella quale ricorda la figura di un corajudo (valoroso) guapo che soleva porre la sua abilità nel coltello al servizio di capi politici.

La milonga come sala da ballo

Oltre che di genere musicale il termine milonga possiede anche un significato di luogo e pratica, cioè di incontrarsi per ballare la milonga, il tango e il vals criollo. La milonga è anteriore agli altri due generi quindi per estensione è stata adottata, agli inizi, per definire sia il genere musicale che l'incontro della gente per ballarlo.
Quando prese piede questo tipo di danza, la comune balera e sala da ballo prese il gergale nome di milonga. La milonga è di solito uno spazio molto ampio dal pavimento particolarmente levigato e spesso contornato da tavolini per i ballerini. Le coppie danzano lungo una "linea di ballo" più precisamente detta "Ronda", cioè lungo il contorno esterno dello spazio libero e procedono in direzione antioraria.
Gli abituali frequentatori della milonga vengono definiti milongueros.
La milonga ha un suo linguaggio particolare: come invitare o "farsi invitare" al ballo, come regolarsi con un partner più alto, più basso, più o meno esperto. Sono tutti elementi che contribuiscono ad un'esperienza piacevole in milonga e secondo alcuni fanno parte delle basi del ballo.
Durante una serata in milonga di solito si possono ascoltare i tre tipi di musica già detti intervallati da una cortina musicale ogni tre quattro brani ballati.

Artisti

Tra gli artisti uruguayani ed argentini noti per le loro composizioni ed interpretazioni della milonga vi sono: Roberto Firpo, Angel D'Agostino, Pedro Laurenz, Villoldo, Francisco Canaro, Rodolfo Biagi, Juan D'Arienzo, Edgardo Donato, Gabino Ezeiza, Aníbal Troilo, Lucio Demare, Domingo Federico, Angel Vargas, Mariano Mores, Alfredo Zitarrosa, Francisco Lomuto, Astor Piazzolla e Carlos Di Sarli. Questi artisti vissero i primi anni e l'epoca d'oro del Tango.

La milonga in Italia

Il cantautore italiano Paolo Conte ha dedicato alla Milonga il brano Alle prese con una verde milonga pubblicato nell'album Paris milonga del 1981, testo riproposto in forma rock nel 2004 dai Marlene Kuntz nell'album Fingendo la Poesia.
Il cantautore italiano Joe Barbieri ha omaggiato il genere con il brano Le milonghe del sabato pubblicato nell'album Respiro del 2012, interpretato in duetto con il cantautore Gianmaria Testa.
Il 7 novembre 2006 ha avuto inizio su Raitre, in seconda serata, un programma di 10 puntate dal titolo Milonga Station. In ogni puntata è stato presentato un racconto da cui veniva estrapolata e analizzata una parola (dall'africano Milonga=Parola).
Il termine "ballare la Milonga" è usato anche nelle cronache sportive in riferimento a quando il ciclista iberico Alberto Contador Velasco, in sella alla sua bicicletta si alza sui pedali nelle salite più arcigne e, danzando, scala i colli e i passi delle grandi corse a tappe.

18/02/2017

Italia e Giappone : due nazioni amiche




Miei video per i festeggiamenti del 150 anniversario dei rapporti diplomatici e di amicizia tra Italia e Giappone. Nonostante la totale differenza di cultura, lingua, modo di vivere e nonostante le due nazioni si trovino quasi agli estremi del pianeta in fatto di distanza geografica, c'è sempre stato del feeling tra i due popoli.

Primo video : Danza che usavano le Geishe.

Secondo video : Danza popolare mista con brani di Morricone, molto conosciuto anche in Giappone per celebrare l'anniversario.

NB : Ho bevuto il famoso Sake. Niente male.

Ho sempre ammirato il coraggio di questo popolo ed ho scritto anche un articolo in Historia sui Kamikaze (vedere link).












it.emb-japan.go.jp

150 Anniversario dei rapporti Diplomatici fra Giappone e Italia

Italia-Giappone: 150 anni di amicizia costante



Noemi Lanna (Professore associato di Storia e istituzioni del Giappone,
Università degli studi di Napoli “L’Orientale”)


Il 25 agosto 1866 Italia e Giappone firmavano il Trattato di amicizia e di commercio che auspicava “pace perpetua ed amicizia costante tra Sua maestà il Re d’Italia e Sua maestà il Taicoun, i loro eredi e successori” e tra i rispettivi popoli, “senza eccezione di luogo o persona”. L’augurio, formulato nel primo articolo dell’accordo, è diventato realtà: nei 150 anni trascorsi dalla firma del trattato, le relazioni tra Italia e Giappone sono state costantemente amichevoli.

Nel periodo successivo all’apertura delle relazioni ufficiali, varie circostanze contribuirono a determinare una significativa convergenza di interessi tra i due paesi. Innanzitutto, Italia e Giappone erano uniti da complementari esigenze commerciali. L’Italia, per la quale la sericoltura costituiva una fondamentale attività economica, era alle prese dal 1854 con una perniciosa infezione che aveva colpito quasi tutte le aree sericole della penisola. 

Questa epidemia, diffusa anche nel resto d’Europa, spinse gli imprenditori italiani a guardare con interesse al mercato delle uova di baco da seta giapponese. Per il Giappone, d’altro canto, la domanda italiana costituiva un’importante fonte di rendita: si calcola che tra la fine del periodo Tokugawa (1603-1868) e l’inizio del periodo Meiji (1868-1912) l’Italia sia arrivata ad assorbire fino ad un quinto delle esportazioni giapponesi. Oltre che da fattori commerciali, la cordiale intesa tra i due popoli era favorita anche dall’aura di simpatia creata intorno all’Italia dal Risorgimento. Agli occhi dei giapponesi, l’esperienza risorgimentale italiana appariva molto simile alle vicende che, pressappoco negli stessi anni, avevano causato la fine dello shogunato e la Restaurazione Meiji (1868).

Con queste premesse, non stupisce che, nel 1881, il vascello italiano Vettor Pisani sia stata la prima imbarcazione straniera a ricevere l’onore di una visita dell’Imperatore giapponese. Del resto, l’ottimo stato delle relazioni bilaterali era stato confermato anche otto anni prima, in occasione della visita in Italia della missione Iwakura (1871-3). La missione diplomatica, salpata dal Giappone alla volta degli Stati Uniti e dell’Europa, aveva il duplice scopo di presentare le credenziali del nuovo governo giapponese agli stati visitati e di far acquisire al Giappone conoscenze dirette sulle loro istituzioni politiche, economiche e giuridiche. In Italia, la delegazione giapponese si fermò dal 9 maggio al 3 giugno 1873, visitando varie città. Nel 1888, fu istituita la Società italo-giapponese (Nichi-I gakkai) che grande impulso avrebbe dato alla reciproca conoscenza della cultura dei due paesi.

La Prima guerra mondiale vide Italia e Giappone schierati al fianco delle potenze della Triplice intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia). Anche dopo la firma del trattato di pace, le strade dei due paesi non si separarono. Nel clima fortemente impregnato di idealismo dell’immediato dopoguerra, Roma e Tokyo diventarono sempre più vicine: sul piano simbolico, in seguito alla visita in Italia del futuro imperatore Hirohito, avvenuta nel 1920; sul piano materiale, grazie al primo volo Roma-Tōkyō, effettuato nello stesso anno da due piloti italiani. Purtroppo, i due paesi finirono col condividere anche il nefasto processo che portò alla crisi della democrazia liberale e all’espansionismo militaristico, come testimoniato dal Patto anti-Komintern (1937) e dal Patto tripartito (1940).

Il 1945 segnò un nuovo inizio per Giappone ed Italia. Ancora una volta, le scelte dei due paesi si incrociarono. La neo-nata Repubblica italiana fondò la sua esistenza sui valori democratici dell’antifascismo, della Resistenza e del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Il Giappone fece della democrazia e del pacifismo le basi della sua rinascita. Complessivamente, gli anni della Guerra fredda sono stati un periodo molto proficuo per i due paesi: il dialogo politico si è sviluppato ai più alti livelli e il volume degli scambi commerciali è progressivamente aumentato. Le iniziative in ambito culturale si sono intensificate, grazie alla preziosa attività dell’Istituto giapponese di cultura (inaugurato a Roma nel 1962) e del ricostituito Istituto italiano di cultura (riaperto a Tokyo nel 1959). Inoltre, l’erogazione di numerose borse di studio ha consentito a generazioni di giovani studiosi dei due paesi di venire in contatto, creando una vera e propria comunità accademica transcontinentale.

Vari fattori hanno contribuito a perpetuare l’amicizia e la pace tra i due paesi. In primo luogo, va ricordato che la firma del Trattato di amicizia e commercio (1866) non fu preceduta soltanto dalle già menzionate missioni commerciali dei setaioli italiani, ma anche da reiterati e significativi contatti tra i due paesi, le cui origini risalgono al sedicesimo secolo. Proprio quest’anno, si è celebrato il quattrocentesimo anniversario dell’arrivo a Roma della missione guidata dal giapponese Hasekura Tsunenaga, partita da Sendai nel 1613. Come è stato meticolosamente documentato dai contributi contenuti nei volumi Italia-Giappone 450 anni (curati dal Professor Adolfo Tamburello) ai quali si rinvia per approfondimenti, quella tra Italia e Giappone è una relazione di lunga durata, che ha toccato vari aspetti della vita politica, economica e culturale dei due paesi.

In secondo luogo, il contesto internazionale all’interno del quale si sono sviluppati i rapporti tra Giappone ed Italia ha inciso positivamente sulla relazione bilaterale. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando fu concluso il Trattato di amicizia e commercio, Italia e Giappone erano due late-comer, cioè due paesi che avevano intrapreso i loro rispettivi processi di modernizzazione in ritardo rispetto alle grandi potenze che all’epoca dominavano il sistema internazionale. Per questo motivo, Roma e Tokyo dovettero misurarsi con gli stessi vincoli sistemici e perseguirono gli stessi obiettivi, cioè la ricerca del prestigio e del riconoscimento all’interno dell’arena internazionale. Allo stesso modo, dopo il 1945, quando il sistema internazionale assunse una struttura bipolare, Giappone e Italia si trovarono nuovamente a dover rispondere a sfide analoghe. 

Nel mondo rigidamente diviso in blocchi, la priorità divenne garantire la sicurezza del proprio territorio, senza pregiudicare la possibilità di una rapida ripresa del sistema economico, fortemente danneggiato dalla guerra. Anche in questo caso, i due paesi operarono scelte simili: optando per un allineamento (bandwagoning) con gli Stati Uniti, riuscirono a massimizzare i vantaggi della loro peculiare collocazione geografica e ad assicurare pace e prosperità alle loro popolazioni. Ancora oggi, Giappone e Italia continuano a camminare fianco a fianco, forti dei profondi legami che le uniscono.

N.B. Il contenuto del presente testo non rispecchia le opinioni del governo.

SITO DELL'AMBASCIATA GIAPPONESE

05/02/2017

La mia tristezza

14/2/15 †

Due anni tra poco sono passati. Sembra sia successo ieri. Video da me realizzato sulla colonna sonora di Schindler's List che ho scelto per sempre come ricordo.

MYSTERIUM










Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto. (Seneca)


Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano.
(William Shakespeare)



Quando una disgrazia è accaduta e non si può più mutare, non ci si dovrebbe permettere neanche il pensiero che le cose potevano andare diversamente o addirittura essere evitate: esso infatti aumenta il dolore fino a renderlo intollerabile.
(Arthur Schopenhauer)