WORLD

WORLD

Translate

Cerca nel blog

22/07/2017

Guardandomi allo specchio : Édith Piaf

Ho assistito ad uno spettacolo in cui l'attrice si immedesimava in Édith Piaf recitandone la vita con estrema drammaticità accompagnata dalle relative canzoni. Per farla breve mi sono quasi come guardato allo specchio. Solo chi ha sofferto può capire certe cose.


 
"Voglio far piangere la gente anche quando non capisce le mie parole" Édith Piaf

 




 
Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano.
(William Shakespeare)


Il dolore peggiore che un uomo può soffrire: avere comprensione su molte cose e potere su nessuna.
(Erodoto)


A un cuore in pezzi
Nessuno s’avvicini
Senza l’alto privilegio
Di avere sofferto altrettanto.
(Emily Dickinson)

Il dolore dell’anima è più grande che la sofferenza del corpo.
(Publilio Sirio)

Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di cicatrici.
(Khalil Gibran)

Lieve è il dolore che parla.
Il grande dolore è muto.
(Seneca)



Édith Piaf



Édith Piaf, pseudonimo di Édith Giovanna Gassion (Parigi, 19 dicembre 1915Grasse, 10 ottobre 1963), è stata una cantautrice francese.

È stata una grande interprete del filone realista (chanteuse réaliste). Nota anche come "Passerotto", come veniva soprannominata per la sua minuta statura (passerotto infatti nell'argot parigino si dice piaf), è stata in attività tra gli anni trenta e sessanta; già a otto anni, però, dovette muovere i primi passi verso la musica cantando per suo padre in strada.
Definita come "l'ugola insanguinata" di un passerotto, la sua voce era caratterizzata da numerose sfumature. In molti casi era lei stessa l'autrice dei testi delle canzoni che interpretava.

La vita di Édith Piaf fu costellata da vari eventi negativi: incidenti stradali, episodi di coma etilico, interventi chirurgici, e anche un tentativo di suicidio. In una delle sue ultime apparizioni pubbliche si presentò infatti minata nella salute, con le mani deformate dall'artrite reumatoide e con radi capelli.
Porta il suo nome un asteroide della fascia principale, scoperto nel 1982: 3772 Piaf. Il verso di una sua interpretazione è rimasto famoso:

(FR) « Non, rien de rien / Non, je ne regrette rien / Ni le bien qu'on m'a fait, ni le mal / Tout ça m'est bien égal »
(IT) « No, niente di niente / No, non rimpiango niente / Né il bene che mi è stato fatto, né il male / Per me è lo stesso »

Biografia

L'infanzia e gli inizi artistici


Nasce con il nome di Édith Giovanna Gassion, da una famiglia di umili origini: il padre Louis Alphonse, normanno, era contorsionista e la madre, Annetta Giovanna Maillard (Anita Maillard, nota come l'artista Line Marsa), di origini italiane (nata a Livorno)[1] e secondo lo scrittore David Bret anche berbere[2], una cantante di strada.
Secondo la leggenda, la madre partorì Édith, aiutata da un poliziotto, sul marciapiede davanti agli scalini dell'abitazione che reca il numero civico 72 di rue Belleville, come riporta anche la lastra commemorativa inaugurata qualche anno dopo la sua morte da Maurice Chevalier

Tuttavia gli archivi parigini riportano che Annetta Giovanna Margherita Maillard, detta Jacqueline, sotto lo pseudonimo di Line Marsa, abbia partorito Édith Giovanna Gassion all'Ospedale Tenon, in Rue de Chine n.4, nei pressi di Belleville alle 5:10 di mattina.[3] Il relativo documento fu redatto il 20 dicembre 1915 in presenza della neonata dall'infermiera Jeanne Croise, che aveva assistito al parto, in presenza dei medici Jules Defleur e Jacques Gairet. Édith era il nome di una infermiera inglese, Edith Cavell, fucilata per aver aiutato dei soldati francesi a scappare dalla prigionia tedesca durante la prima guerra mondiale.[4]

Dopo il parto, la madre venne sistemata nella Salle Tarnier, nel letto n. 35 ed il 24 dicembre madre e figlia furono dimesse dall'ospedale. Non si sa, invece, dove si trovasse il padre al momento della nascita della bambina, benché secondo la versione raccontata dalla stessa Édith, il padre, andato a cercare un'autoambulanza per soccorrere la madre, a cui si erano rotte le acque, avesse fatto sosta in ogni bistrot che incontrava, per festeggiare il lieto evento e che sia tornato dalla moglie e dalla figlia neonata completamente ubriaco.
Il lavoro dei genitori di Édith non permetteva loro di allevare un figlio, perciò la piccola passò inizialmente la sua infanzia dalla nonna materna Aïcha, una cabila ammaestratrice di pulci, che abitava molto vicino ai genitori di Edith, in Rue Rébéval n. 91, a cui importava ben poco della piccola, benché risulti sua madrina di battesimo, rito che si svolse nella chiesa St. Jean-Baptiste de Belleville, il 16 dicembre 1917.

Fu Édith stessa sostenere che i suoi biberon venissero riempiti di vino rosso "per uccidere i microbi"[5], come riportato nei suoi "mémoirs". Quando il padre Louis, tornato dalla guerra, scoprì le condizioni in cui la bambina versava (scarsissima igiene e malnutrizione), affidò la piccola alla nonna paterna, Louise Léontine Descamps, tenutaria di una casa di tolleranza a Bernay, nell'Alta Normandia (Eure).
Finalmente la bambina cominciò a ricevere adeguate attenzioni. Dopo poco tempo fu colpita da una malattia agli occhi, la cheratite. La nonna la portò a Lisieux, dove giaceva Santa Teresa del Bambin Gesù, in modo che la bimba potesse pregarla in cambio della guarigione. Da quel momento in poi Édith fu devotissima a S. Thérèse e durante le sue numerosissime tournée, non perse mai l'occasione di accenderle un cero.
 
Esordio come artista di strada
All'età di otto anni il padre la riprese per portarla con sé con l'intenzione di farle fare la questua dopo essersi esibita in un "doppio salto mortale pericoloso": la cosa non avvenne mai perché Édith rimediò un giorno intonando una canzone. Fu proprio così che Édith iniziò a cantare per strada, in seguito sotto lo pseudonimo di Miss Édith, phénomène vocal, per rimediare qualche moneta, e dar da mangiare a se stessa ed al padre, mentre quest'ultimo si esibiva come contorsionista antipodista. Secondo la leggenda, Edith canta La Marsigliese con quella sua voce già piena di rabbia e ruvidezza, ma sembra più probabile che la bambina canti, invece, canzoni come "Nuits de chine" o "Nini peaui d'chien", la cui melodia melensa richiamava l'ambiente di Bernay e, dunque, gli anni passati con Maman Tine. Nell'adolescenza, costituisce un duo con Simone Berteaut, detta Momone, esibendosi per le strade ed anche nelle caserme.

A 17 anni ebbe una figlia da Louis Dupont, di nome Marcelle Carolina Gassion, ed in seguito, dopo che Louis Dupont riconobbe legittima la bambina, battezzata con il nome Marcelle Carolina Dupont. Per quanto piena di buona volontà, però, Edith era molto giovane e non fu in grado di badare adeguatamente alla neonata, che portava in strada con sé: la piccola morì di una meningite fatale a soli due anni.

Già duramente provata, Edith venne, poi, scoperta a 20 anni dall'impresario Louis Leplée e, dopo un'audizione al "Le Gerny's", cabaret vicino agli Champs Elysées, debuttò nel 1935 sotto lo pseudonimo, scelto dall'impresario, La Môme Piaf. Molti sono i personaggi famosi che accorrevano per ascoltare la sua voce: uno fra tutti, Maurice Chevalier, ma anche Mistinguett e Raymond Asso, che in seguito diventerà il suo impresario. Leplée sarà assassinato da persone legate a Edith Piaf, che sarà però giudicata innocente.


Nasce il mito dell'"usignolo"

Dopo la morte di Leplée, Édith si rivolse all'impresario Raymond Asso, in origine poeta, che compose i primi testi del vero e proprio repertorio della ex Môme Piaf, armonizzati dalla celeberrima Marguerite Monnot, a cui Piaf restò legata per diversi anni, e che firmò la maggior parte delle partiture musicali delle canzoni di Édith. Nel 1936 ottenne un contratto con la casa discografica Polydor e pubblica Les Mômes de la cloche, il suo primo disco. Il suo impresario di allora, Raymond Asso, le cambia il nome in Édith Piaf: ha così inizio il suo successo, che la portò nel 1937 a firmare un contratto con il teatro ABC

Divenuta la celebre Édith Piaf, quella che il mondo conosce ora, la chanteuse, si legò a diversi personaggi di spicco dell'arte, della musica, della filosofia e della letteratura francese, tra cui si ricorda lo stesso Raymond Asso, Michel Emer, Paul Meurisse, Jean Cocteau, Norbert Glanzberg, Yves Montand, Charles Aznavour, Georges Moustaki e molti altri. Molti di loro, esponenti del mondo dello spettacolo e della musica, furono aiutati dalla Piaf ad ottenere successo per poi non dimostrarsi riconoscenti nei suoi confronti.[6] Dopo essersi allontanata da Asso, il suo impresario ufficiale divenne Louis Barrier (affettuosamente soprannominato Loulou o Lou), che le fu vicino non solo professionalmente, ma anche sentimentalmente. Jean Cocteau si ispirerà a lei per un lavoro teatrale, Le bel indifférent, di cui gli Archivi Francesi conservano numerose foto e riprese. Nel 1940 Michel Emer scriverà per lei La fille de joie, che lei reintitolerà L'Accordéoniste: il brano diverrà uno dei suoi cavalli di battaglia.


La vie en rose

Durante la seconda guerra mondiale Piaf canta per i soldati tedeschi che occupavano la Francia. È in quel periodo (1944) che si innamora di Yves Montand e lo lancia nel mondo della canzone, rendendolo famoso. Con Yves Montand la Piaf, oltre a duettare al Moulin Rouge, registra una canzone molto famosa: "C'est merveilleux"[7], tratta dal film "Etoile sans lumière"[8], interpretato proprio dai due chansonniers. Il legame affettivo tra i due, però, si scioglie in breve tempo, poco dopo l'inizio della fama di Yves. Nel 1945 la chanteuse cambia casa discografica ed entra a far parte della Pathé

Nel 1945 scrive le parole della celeberrima La vie en rose, che di lì a poco diventerà l'inno alla nuova vita di una Francia schiacciata dalla guerra. (Piccolo aneddoto: non fu proprio Édith, per quanto autrice del testo, a registrare per prima la canzone; fu preceduta da Marianne Michel, amica e rivale nel mondo del lavoro, ma di talento e fama minori.)
Il titolo di questa leggendaria canzone è talmente legato alla figura di Édith Piaf che il regista Olivier Dahan, autore della pellicola vincitrice del premio Oscar sulla tormentata vita della cantante (interpretata da Marion Cotillard), acconsente a modificare, per le versioni straniere, il titolo del film da La môme a La vie en rose. Il tutto appena prima dell'uscita del film (2007) che è uscito in Francia ed è riportato negli archivi con il nome originale.


Tragico amore con Cerdan

Nel 1946 Édith Piaf partecipa ad una tournée negli Stati Uniti esibendosi alla Constitution Hall; ritorna un anno dopo, sempre con i suoi fedeli Compagnons de la chanson, per cantare alla Play House e al Versailles di New York, dove ad applaudirla tra il pubblico vi erano, tra gli altri, Marlene Dietrich, Charles Boyer e Orson Welles. All'inizio non riscosse molto successo tra gli americani, ma fu un articolo in prima pagina di Virgil Thompson, dopo qualche mese, a cambiare la sua fortuna e a diffondere anche in America la fama dell'"usignolo".

Nel 1948 conosce il pugile Marcel Cerdan, campione dei pesi medi, di Casablanca, sposato con Marinette Cerdan, e padre di 3 figli (Marcel, Réné e Paul): è la prima volta che Édith si innamora di qualcuno che non faccia parte del mondo della musica. A causa del loro lavoro, i due comunicano solo attraverso corrispondenza, e le lettere, facenti parte dell'archivio della Biblioteca Nazionale Francese, sono anche raccolte nel libro "Moi pour Toi". Ma la felicità dura poco: il 28 ottobre 1949 l'aereo che trasporta Marcel Cerdan da Parigi a New York (il nuovissimo "Constellation" di Air France) precipita tragicamente sulle Azzorre (sembra che Edith l'avesse chiamato dicendogli: "Prendi l'aereo, se prenderai la nave avrò il tempo di morire, mi manchi troppo.").

Quel giorno Edith volle cantare lo stesso, dedicandogli il suo repertorio, soprattutto Hymne à l'amour (meravigliosa canzone dedicata a Marcel con musica composta da Marguerite Monnot, la stessa di Milord). Sotto forti dosi di medicinali, aprì lo spettacolo dicendo: "Questa sera canto per Marcel, solo per lui...". Mentre cantava l'Hymne à l'amour crollò sul palco priva di sensi, in preda alla depressione. Quella notte, Loulou (Barrier) dormì con lei, giurando di non abbandonarla mai più da quel momento in avanti. Edith fu poi colpita dall'artrite reumatoide, che le portò grandi dolori, ai quali poi si aggiunsero quelli causati da un incidente quasi fatale che le procurò diverse fratture costali che le impedivano di respirare senza provare dolore. Da quel momento in avanti cominciò a fare un leggero uso di morfina, dapprima sotto prescrizione. Questo tuttavia non le impedì di continuare a cantare.


Mai nessun rimpianto

Piaf continua a deliziare i francesi con molte altre canzoni destinate a diventare dei classici come Le vagabond,[9] Les amants[10], Les histoires du coeur [11], La Foule[12], Non, je ne regrette rien[13], ecc. Non si sa quanto guadagni, ma è certo che non la si vede mai sfoggiare ricchezza, anche se è molto raffinata nel vestire e rimane sempre fedele alla "Petite Robe Noire"[14] che ancora oggi la rappresenta.

È una donna minuta che canta l'amore e che ha bisogno d'amore come dell'aria che respira; la sua casa (un grande appartamento al piano terra di Boulevard Lannes, meglio nota come "La Roulotte") e i suoi camerini sono frequentati da diversi uomini che contribuirà a lanciare come artisti nel mondo della canzone francese e mondiale. Alcuni nomi: Gilbert Bécaud, Charles Aznavour, da lei scoperto, Leo Ferré, Eddie Constantine; alcuni stringeranno con lei un sodalizio artistico e umano per più tempo, mentre altri se ne andranno prima; tutti però le lasceranno delle bellissime canzoni: fra gli altri, Georges Moustaki scriverà per lei le parole della famosa canzone Milord, Charles Aznavour Jezebel. Con Charles Aznavour la Piaf canta "Plus bleu que tes yeux".[15]

Nel 1952 sposa il compositore Jacques Pills, ma il matrimonio dura solo fino al 1956. La sua testimone di matrimonio è Marlene Dietrich che sceglie per lei anche l'abito da sposa. Inizia nel 1953 un trattamento di disintossicazione dai farmaci, che aveva iniziato ad assumere massicciamente a causa della depressione e dell'artrite che la affliggevano, ma non smette di esibirsi, sia in Francia che in Europa: nel 1955, all'età di quarant'anni, approda finalmente all'Olympia, il tempio parigino della musica; poi riparte per gli Stati Uniti, per esibirsi alla Carnegie Hall di New York, dove la saluteranno ben sette minuti di applausi in standing ovation.

Nel Natale del 1960, viene invitata ad esibirsi ancora all'Olympia con una lettera di Bruno Coquatrix (direttore artistico della Music Hall) che la pregava di esibirsi lì per risollevare la fama del teatro, prossimo al fallimento. Edith riesce a salvarne le sorti grazie al successo fomidabile di una nuova canzone: "Non, je ne regrette rien"[13], di Charles Dumont e Michel Vaucaire. Le repliche dureranno quattro mesi, cioè fino alla primavera del 1961. Gli stessi autori scriveranno per lei nuovi brani che diventeranno suoi cavalli di battaglia nell'ultimo periodo della sua vita, come Mon Dieu.


Gli ultimi anni con Théo


In quell'anno sposa Theophanis Lamboukas, in arte Théo Sarapo, che lei aveva lanciato nel mondo della canzone e con cui aveva inciso la canzone À quoi ça sert l'amour.[16] Dopo una broncopolmonite, Piaf si reca col marito nel sud della Francia a Grasse per passarvi la convalescenza, ma una ricaduta le è fatale: muore il 10 ottobre 1963 a Grasse e viene trasportata segretamente a Parigi, città nella quale voleva morire, a bordo di un'autoambulanza.

Le cause del decesso furono poi attribuite ad un aneurisma, causato da una cirrosi epatica, sviluppatasi a causa del massiccio uso di medicine fatto da Édith; i medici più volte l'avevano avvertita ma lei non dava loro ascolto. Al suo funerale presero parte migliaia di persone. Il suo corpo riposa nel cimitero parigino delle celebrità, il Père Lachaise: l'elogio funebre venne scritto da Jean Cocteau che però morì d'infarto poche ore dopo aver appreso la notizia della morte della cantante.

Nella tomba della "Famille GASSION-PIAF" riposano con lei anche il padre Louis Alphonse Gassion, la figlioletta Marcelle ed il marito Théophanis Lamboukas. Sulla tomba c'è scritto: "Madame LAMBOUKAS dite EDITH PIAF 1915 - 1963". La città di Parigi le ha dedicato una piazza e recentemente anche una statua, nel 20.mo arrondissement. Nel 1982 l'astronoma sovietica Ljudmyla Heorhiїvna Karačkina ha scoperto un asteroide classificandolo col numero 3772 e denominandolo Édith Piaf.