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01/05/2018

1 Maggio - festa dei lavoratori : Inno dei lavoratori (Filippo Turati - 1886)





INNO DEI LAVORATORI
Testo di Filippo Turati


Su fratelli, su compagne,
su, venite in fitta schiera:
sulla libera bandiera
splende il sol dell'avvenir.
 
 Nelle pene e nell'insulto
 ci stringemmo in mutuo patto,
 la gran causa del riscatto
 niun di noi vorrà tradir.

  Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

La risaia e la miniera
ci han fiaccati ad ogni stento
come i bruti d'un armento
siam sfruttati dai signor.

 I signor per cui pugnammo
 ci han rubato il nostro pane,
 ci han promessa una dimane:
 la dima si aspetta ancor.

  Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

L'esecrato capitale
nelle macchine ci schiaccia,
l'altrui solco queste braccia
son dannate a fecondar.

 Lo strumento del lavoro
 nelle mani dei redenti
 spenga gli odii e fra le genti
 chiami il dritto a trionfar.

   Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

Se divisi siam canaglia,
stretti in fascio siam potenti;
sono il nerbo delle genti
quei che han braccio e che han cor.

 Ogni cosa è sudor nostro,
 noi disfar, rifar possiamo;
 la consegna sia: sorgiamo
 troppo lungo fu il dolor.

 Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

Maledetto chi gavazza
nell'ebbrezza dei festini,
fin che i giorni un uom trascini
senza pane e senza amor.

 Maledetto chi non geme
 dello scempio dei fratelli,
 chi di pace ne favelli
 sotto il pie dell'oppressor.

  Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

I confini scellerati
cancelliam dagli emisferi;
i nemici, gli stranieri
non son lungi ma son qui.

 Guerra al regno della Guerra,
 morte al regno della morte;
 contro il dritto del del più forte,
 forza amici, è giunto il dì.

  Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

O sorelle di fatica
o consorti negli affanni
che ai negrieri, che ai tiranni
deste il sangue e la beltà.

 Agli imbelli, ai proni al giogo
 mai non splenda il vostro riso:
 un esercito diviso
 la vittoria non corrà.

 Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

Se eguaglianza non è frode,
fratellanza un'ironia,
se pugnar non fu follia
per la santa libertà;

 Su fratelli, su compagne,
 tutti i poveri son servi:
 cogli ignavi e coi protervi
 il transigere è viltà.

  Il riscatto del lavoro
  dei suoi figli opra sarà:
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.

  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.
  o vivremo del lavoro
  o pugnando si morrà.




it.wikipedia.org

Inno dei lavoratori


L'Inno dei lavoratori (in origine, Il canto dei lavoratori, conosciuto anche come Inno del Partito Operaio Italiano) è un canto operaio composto e musicato in Italia nella primavera del 1886.

Storia

Fu Filippo Turati, su sollecitazione di Costantino Lazzari, a comporre le quartine di ottonari del testo, che fu pubblicato su "La Farfalla", e, subito dopo, il 20 marzo, su "Il Fascio Operaio", organo del Partito Operaio Italiano. Il suo debutto era previsto durante una manifestazione da tenersi il 28 marzo 1886, che fu invece vietata dal governo Depretis. La prima esecuzione pubblica ebbe luogo a Milano il 27 marzo 1886, nel salone del Consolato operaio in via Campo Lodigiano, ad opera della Corale Gaetano Donizetti.
L'inno fu spesso accusato di incitare all'odio di classe[1].

Zenone Mattei

La musica fu composta da Zenone Mattei, nato ad Amelia, oggi provincia di Terni (figlio di Vincenzo Mattei e della contessa Carlotta Patrignani, Zenone Mattei sposerà Giovanna Bugni, nata a Biella, in un matrimonio dal quale sarebbero nati Teopiste, Amintore, Margherita, e Pasqualina. Sorella di Giovanna era Elisa Bugni, moglie del cavalier Ernesto Otino, direttore della Casa Reale. Zenone Mattei è noto anche per la scrittura di numerose trascrizioni di partiture e adattamenti musicali per strumenti e voci per arie da opera).

La partitura originale dell'"Inno dei Lavoratori", depositata a termini di legge dalla Carish Editori, è custodita dai pronipoti Roberto Mattei ed Elena Matilde Gigante-Mattei e reca, sul frontespizio, la dicitura: parole di Filippo Turati, musica di Zenone Mattei, riduzione di Tino Pelosi.

Zenone Mattei fu autore, inoltre, su incarico della Casa Reale e del Re Umberto I, dell'Inno-Marcia dei "Tiratori Italiani", con parole di A. Cortella. Morì in Amelia il 25 dicembre 1900.
Amintore Galli fu amico vicino alla famiglia Mattei e diede il nome al figlio di Zenone che appunto fu chiamato Amintore Apollo Mattei, nato a Milano il 12 settembre 1892, il quale studiò composizione e direzione d'orchestra e interruppe gli studi per il sopravvenire della Grande guerra. A Milano conobbe e sposò Matilde Pratesi, nata a Livorno il 24 agosto 1897, figlia di Cesare Pratesi e di Corinna Toccafondi. Cesare Pratesi, organista e poi pianista, accompagnava al pianoforte le pellicole del cinema muto. La figlia, Matilde Pratesi, studiò lirica e fu interprete giovanile delle romanze di Pietro Mascagni.