WORLD

WORLD

Translate

Cerca nel blog

14/04/2019

Le grandi del Jazz : Ella Fitzgerald


Ella Fitzgerald

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Jump to navigation Jump to search
(EN) «Some kids in Italy call me Mama Jazz; I thought that was so cute. As long as they don't call me Grandma Jazz[1]»
(IT) «Alcuni ragazzi in Italia mi chiamano Mamma Jazz. Penso che sia davvero bello. Almeno finché non mi chiameranno Nonna Jazz.»
(Ella Fitzgerald)
Ella Fitzgerald
Ella Fitzgerald (Gottlieb 02871).jpg
Ella Fitzgerald
NazionalitàStati Uniti Stati Uniti
GenereJazz
Swing
Periodo di attività musicale1934 – 1993
EtichettaCapitol Records
Decca Records
Verve Records
Reprise Records
Pablo Records
Qwest Records.
Sito ufficiale
Ella Jane Fitzgerald, nota anche come Lady Ella e First Lady of Song (Newport News, 25 aprile 1917Beverly Hills, 15 giugno 1996), è stata una cantante statunitense.
È considerata una delle migliori e più influenti cantanti jazz della storia[2]. Vincitrice di 14 Grammy[3], era dotata di un potente strumento vocale, vantando un'estensione di più di tre ottave.[4]
Ella Fitzgerald è stata attiva per 59 anni vendendo circa 40 milioni di copie della sua settantina di album.
Esibiva spesso la sua grande capacità di improvvisazione jazzistica, soprattutto nello scat, una tecnica vocale tipica del jazz di cui è considerata la maggiore esponente di tutti i tempi: i suoi scat potevano durare oltre i cinque minuti, pur mantenendo una perfetta impronta melodica. Nell'ultima parte della sua carriera artistica, nei suoi concerti si divertiva sovente a imitare le voci di altri cantanti: particolarmente riuscite erano le imitazioni di Rose Murphy, Dinah Washington, Della Reese e Louis Armstrong.

Biografia

Rimasta orfana a quattordici anni, passò la sua infanzia tra orfanotrofi e quartieri malfamati di New York. Debuttò giovanissima nel 1934 all'Apollo Theater di Harlem, New York. L'occasione fu una delle famose Amateur Nights, le serate dedicate alle competizioni canore dei dilettanti, a cui partecipò e vinse. Fu notata da Bardu Ali che convinse Chick Webb, della cui band faceva parte, ad assumerla. Iniziò a cantare per l'orchestra di Webb nel 1935, e successivamente incise con loro alcune canzoni di successo, tra cui A-Tisket, A-Tasket, Undecided e Mister Paganini: il suo stile vivace, colorato e vorticoso, perfetto per il genere swing, le permise di entrare a far parte delle stelle della musica. Alla morte di Webb nel 1939, l'orchestra continuò a esibirsi con il nuovo nome di Ella Fitzgerald and Her Famous Orchestra.
Nel 1941 iniziò la carriera solista, abbracciando nel tempo i più svariati generi musicali: swing, bebop, blues, samba, gospel, calypso. Si esibì con i più importanti gruppi e interpreti solisti: in pratica, il suo ruolo era quello di "strumentista della voce". Negli anni cinquanta Lady Ella si esibì in una tournée attraverso l'Europa e il Nord America, accompagnata dall'orchestra di Duke Ellington. Anche con Louis Armstrong instaurò un sodalizio artistico che sarebbe sfociato nell'incisione di tre dischi: Porgy and Bess, in cui i due si esibiscono interpretando l'omonima opera di George Gershwin, e due incisioni di standard jazz, Ella and Louis e Ella and Louis Again.
Dal 1956 al 1964 incise per l'etichetta discografica Verve Records una serie di Songbooks, prodotta da Norman Granz, tratta dal repertorio delle canzoni scritte dai più grandi compositori americani.
Nel 1960 tenne un concerto a Berlino, da cui sarebbe stato tratto l'album Ella in Berlin: Mack the Knife, in cui, non ricordando il testo, cominciò a improvvisare con grande ritmo e brio: per questa interpretazione si aggiudicò un Grammy Award.
Nel 1965 tiene il concerto "An Evening with Ella Fitzgerald" al Lewisohn Stadium di New York (Manhattan) per il Metropolitan Opera House diretta da Nelson Riddle.
Negli anni sessanta e settanta continuò a incidere dischi, a esibirsi in tutto il mondo e a comparire in programmi televisivi, ospite di celebri colleghi, come Frank Sinatra, Dean Martin, Nat King Cole e Dinah Shore.
Si sposò due volte, la seconda con il bassista Ray Brown. La coppia adottò un bambino.
Gravi problemi di salute le segnarono gli ultimi anni di vita. Già cieca a causa del diabete mellito, nel 1994 le furono amputate le gambe a causa dello stesso male, di cui soffriva sin dall'infanzia. Morì nel 1996 e fu sepolta a Inglewood, in California.

Le grandi del Jazz : Billie Holiday


Billie Holiday

Billie Holiday
Billie Holiday Billboard.jpg
Billie Holiday
NazionalitàStati Uniti Stati Uniti
GenereJazz
Swing
Blues
Periodo di attività musicale1933 – 1959
Strumentovoce
Sito ufficiale
Eleanora Fagan[1], o Elinore Harris,[2] nota come Billie Holiday o Lady Day (Filadelfia, 7 aprile 1915New York, 17 luglio 1959), è stata una cantante statunitense, fra le più grandi di tutti i tempi nei generi jazz e blues. Nata da genitori non sposati, Sarah Julia Fagan e il musicista Clarence Halliday,[2] noto come Clarence Holiday. Quando scelse il suo nome d'arte, Eleanora prese il cognome d'arte del padre e il nome "Billie" in omaggio all'attrice Billie Dove.[1][2][3]

Biografia

Billie nacque da una notte d'amore tra il sedicenne Clarence Holiday, un suonatore di banjo, e la tredicenne Sadie Fagan, ballerina di fila.[4] Il padre non si occupò quasi mai di lei: lasciò presto la figlia per seguire le orchestre itineranti con cui suonava.
Billie Holiday a due anni

Billie ebbe un'infanzia travagliata e dolorosa. Trascorse i primi anni a Baltimora (spesso indicata come città di nascita, ma recenti ricerche hanno indicato che era nata in realtà a Filadelfia, dove sua madre Sadie lavorava come domestica[5]) trattata duramente dalla cugina della madre, a cui questa aveva affidato la figlia mentre lavorava come domestica a New York.
Subì uno stupro a dieci anni e in seguito dovette evitare diversi altri tentativi di violenza. Ancora bambina, raggiunse la madre a New York, e cominciò a procurarsi da vivere prostituendosi in un bordello clandestino di Harlem. Guadagnava qualche soldo in più lavando gli ingressi delle case del quartiere; non si faceva pagare solo dalla tenutaria del bordello, che in cambio le lasciava ascoltare i dischi di Bessie Smith e Louis Armstrong sul fonografo del salotto. Quando la polizia scoprì il bordello, Billie fu arrestata e condannata a quattro mesi di carcere.
Rimessa in libertà, per evitare di tornare a prostituirsi cercò lavoro come ballerina in un locale notturno. Non sapeva ballare ma fu assunta immediatamente quando la sentirono cantare, e a quindici anni iniziò la carriera di cantante nei club di Harlem.
In questo periodo le colleghe iniziarono a chiamarla "Lady" (la signora) perché si rifiutava di ricevere le mance dai clienti prendendo, come facevano tutte, le banconote tra le cosce. Nel 1933, diciottenne, mentre cantava al "Log Cabin", fu notata dal produttore John Hammond, che le organizzò alcune sedute in sala d'incisione con suo cognato Benny Goodman.[6] Tra il 27 novembre e il 3 dicembre incise i suoi primi due dischi con l'orchestra di Goodman: Your Mother's Son-in-law e Riffin' the Scotch, che passarono inosservati. Ma Hammond continuò a credere in lei. Nel 1935 le procurò un contratto con il pianista Teddy Wilson per alcune incisioni sotto l'etichetta Brunswick, che ebbero successo e fecero conoscere Billie. «Si imponeva per la sua voce intensamente drammatica, per la capacità di "volare" sul tempo e per l'emozione che sapeva trasmettere anche su testi banali».[7]
Nel 1936 cominciò a incidere col proprio nome per l'etichetta Vocalion. Successivamente lavorò con grandi nomi del jazz come Count Basie, Artie Shaw e Lester Young, al quale fu legata da un intenso rapporto d'amicizia e per il quale coniò il soprannome "Prez" ("il presidente"), mentre egli inventò per lei "Lady Day"[8].
Billie Holiday, con l'aiuto e il supporto di Artie Shaw, fu tra le prime cantanti nere ad esibirsi assieme a musicisti bianchi.[9] Nei locali dove cantava, Holiday doveva usare l'ingresso riservato ai neri, e rimanere chiusa in camerino fino all'entrata in scena. Una volta sul palcoscenico, si trasformava in Lady Day; portava sempre una gardenia bianca tra i capelli, che divenne il suo segno distintivo.
Nel 1939, sfidando le discriminazioni razziali, cantò una canzone coraggiosa, Strange Fruit (Grammy Hall of Fame Award 1978); il frutto era il corpo di un nero ucciso dai bianchi ed appeso a un albero. La canzone divise il pubblico; Holiday poté eseguirla solo se la direzione del club lo consentiva.

Billie Holiday nel 1949

All'inizio degli anni quaranta patì un matrimonio breve e tormentato e la morte della madre. Prostrata, cominciò ad assumere stupefacenti, dalla marijuana fino all'eroina, e la voce iniziò a risentirne. Ciò non le impedì di realizzare eccellenti incisioni per la Commodore con l'orchestra del pianista Eddie Heywood come ad esempio il singolo Embraceable You 1944 (Grammy Hall of Fame Award 2005).
Nel 1947 apparve nel film-musical New Orleans, accanto a Louis Armstrong, e nel film La città del jazz. Assunse poi un nuovo impresario, Norman Granz, che le procurò scritture con importanti musicisti jazz: Benny Carter, Oscar Peterson, Ben Webster, Coleman Hawkins, Buck Clayton, Tony Scott e il pianista Mal Waldron, che negli ultimi anni l'accompagnò in tutti i concerti.
Nel 1954 andò in tournée in Europa. Fu in Italia una sola volta, nel 1958 a Milano, dal 3 al 9 novembre ma in un teatro di avanspettacolo. Il pubblico, non abituato al jazz, non gradì lo spettacolo e Holiday non poté nemmeno cantare tutti i brani in scaletta, e dopo il quinto pezzo fu fatta tornare in camerino[10]. Il 9 novembre, ultimo giorno di permanenza a Milano, fu organizzato da appassionati e intenditori di jazz uno spettacolo "riparatore" al Gerolamo, in piazza Beccaria, grazie al fido Mal Waldron. Il pubblico le tributò una vera ovazione.
All'inizio del 1959 la cantante scoprì di essere affetta da cirrosi epatica. Su invito del medico, decise di smettere di bere, ma riprese poco dopo. In maggio il suo peso scese di 9 chili. Molte persone che le erano vicine, tra cui il suo manager, il giornalista Allan Morrison e diversi amici, cercarono di convincerla a ricoverarsi in ospedale, senza successo. Il 15 marzo morì il suo vecchio amico Lester Young. I parenti di Young non fecero cantare Billie Holiday al suo funerale; questo la turbò molto.
Il 31 maggio la cantante fu trovata a terra incosciente nel suo appartamento di New York. Fu immediatamente ricoverata ma anche arrestata perché nella sua stanza avevano trovato droga. Al Metropolitan Hospital Center le analisi evidenziarono problemi al fegato e disturbi cardiovascolari. Fu piantonata per l'intera degenza.
Il 15 luglio ricevette l'estrema unzione secondo il rito cattolico; due giorni dopo morì. Erano le 3:10 antimeridiane del 17 luglio 1959. Il referto medico della morte evidenziò un edema polmonare e un'insufficienza cardiaca.

Lascito culturale

La carriera e la vita di Billie Holiday furono segnate dalla dipendenza dall'alcool e dalla droga, da relazioni burrascose e da problemi finanziari. Anche la sua voce ne risentì, e nelle sue ultime registrazioni l'impeto giovanile lasciò il posto al rimpianto. Il suo impatto sugli altri artisti fu comunque notevole in ogni fase della sua carriera.
Tra le canzoni più famose del repertorio di Billie Holiday vanno ricordate God Bless the Child (da lei composta) (Grammy Hall of Fame Award 1976), Lover Man del 1945 premiata Grammy Hall of Fame Award 1989, I Loves You Porgy e The Man I Love di George Gershwin, Billie's Blues, Fine and Mellow, Stormy Weather, Strange Fruit. Quest'ultima canzone fu negli anni quaranta l'inno della protesta per i diritti civili:
(EN) «Southern trees bear a strange fruit
Blood on the leaves and blood at the root
Black body swinging in the Southern breeze
Strange fruit hanging from the poplar trees...»
(IT) «Gli alberi del sud hanno un frutto strano,
sangue sulle foglie e nelle radici,
un corpo nero penzola nella brezza del sud,
un frutto strano che pende dai pioppi...»
(Strange Fruit)
Billie Holiday nel 1956 scrisse la sua autobiografia, Lady Sings the Blues. In Italia è stata pubblicata da Longanesi nel 1959 con il titolo La signora canta il blues, nella traduzione di Mario Cantoni.
Nel 2002 l'album Lady Day: The Complete Billie Holiday on Columbia 1933–1944 vince il Grammy Award for Best Historical Album.

Green Hornet Theme dal film KILL BILL 1



"La sposa" vola a Tokyo per la resa dei conti con la sua Katana. Riesce a trovare una moto ed a seguire O-Ren Ishii, la donna boss della mafia giapponese Yakuza
Naturalmente la donna è scortata dalle sue guardie del corpo in moto anche esse con la Katana. Grandioso il brano musicale virtuosistico Green Hornet Theme dove ci si sono cimentate diverse orchestre.

it.wikipedia.org

Kill Bill: Volume 1

Kill Bill: Volume 1 è un film del 2003, scritto e diretto da Quentin Tarantino. È la prima parte di Kill Bill, cui ha fatto seguito Kill Bill: Volume 2 nel 2004.

Trama

«No, in questo momento sono io, all'apice del mio masochismo.»
(Bill prima di sparare a La Sposa)

[

( in bianco e nero)
Una sposa ferita e coperta di sangue; passi di stivali su un pavimento di legno. L'uomo con gli stivali, Bill, ha sparato in testa alla Sposa, incinta di suo figlio.

Capitolo 1: 2 ( chapter one: 2)

La città di Pasadena, California. La Sposa attacca Vernita Green, una delle responsabili del massacro ai Due Pini insieme ad altre tre persone. La lotta fra le due è interrotta dall'arrivo della figlia di Vernita, Nikki, in quanto la Sposa non vuole compiere la propria vendetta davanti alla bimba. Spostatesi in cucina, Vernita prova a scusarsi e, proponendole di scontrarsi altrove la notte stessa, le spara a tradimento. Evitato il colpo, la Sposa lancia un coltello alla donna, uccidendola. La piccola Nikki, che non aveva rispettato il divieto della madre, assiste allibita alla scena: la Sposa le dice che non avrebbe mai voluto uccidere Vernita davanti alla figlioletta ma la scorrettezza dell'altra lo ha reso inevitabile. Tuttavia, dice a Nikki che, se quando sarà grande vorrà vendicarsi, lei la aspetterà. Dopodiché, si dirige verso la sua prossima vittima.

Capitolo 2: La Sposa imbrattata di sangue

- Flashback: 4 anni e 6 mesi prima
Il giorno del massacro alla chiesa dei Due Pini, lo sceriffo Earl McGraw si dirige verso il luogo della strage, chiamato da suo figlio. Giunto sul posto, McGraw asserisce si tratti di un lavoro da professionisti e che solo una mente folle può avere ordito quella carneficina. Earl si avvicina al corpo della Sposa, che all'improvviso gli sputa in faccia: la donna, incredibilmente, è ancora viva. Il figlio dello sceriffo riferisce inoltre al padre che la donna si chiama Arlene Machiavelli, ma i poliziotti hanno già scoperto che il nome è un falso: per questo la donna verrà chiamata «la Sposa». La Sposa viene portata in ospedale, dove qualche giorno dopo, Elle Driver, una dei membri della vipere mortali, che aveva preso parte al massacro insieme a Vernita, arriva per ucciderla tramite iniezione letale. Bill, un uomo misterioso che non viene mai inquadrato per tutta la durata del film e che si scopre essere il capo della squadra nonché il mandante degli omicidi, resosi conto che ucciderla nel suo letto d'ospedale e in quello stato sarebbe un atto che non avrebbe fatto onore a loro stessi, ferma Elle. La donna, innamorata di Bill, si infuria a morte convincendosi che l'uomo provi ancora dei sentimenti per la donna in coma, tranquillizzandosi solo nel momento in cui Bill le promette che, se la sposa si dovesse svegliare, le faranno tante altre terribili cose.
- 4 anni dopo
La Sposa si sveglia nel suo letto d'ospedale grazie a una puntura di zanzara, proprio quando l'infermiere Buck sta per farla stuprare da un camionista. Nei quattro anni di coma, Buck ha guadagnato una notevole somma di denaro permettendo a depravati di intrattenere rapporti con la Sposa.
(EN) «My name is Buck and I'm here to FUCK...» (IT) «Mi chiamo Buck e sono qui per fottere...»
(Kill Bill vol. 1)
Mentre il camionista sta per baciare la Sposa, questa, che era rimasta immobile fingendo il coma, gli azzanna prima il labbro inferiore e poi lo sgozza. Si alza dunque dal letto, cadendo però per terra per via della mancata riabilitazione fisica. Nonostante questo, riesce ad uccidere Buck, spappolandogli la testa con una porta metallica. La donna raccoglie allora le chiavi dell'auto di Buck, la «Pussy Wagon». Dentro l'auto, la Sposa comincia la sua riabilitazione motoria grazie ad una tecnica orientale di concentrazione.

Capitolo 3: Le origini di O-Ren

Per spiegare con chi la Sposa sta per andare a regolare i conti, viene raccontata la traumatica infanzia di O-Ren Ishii.
O-Ren è una nippo-cinese-americana che visse a Tokyo come una comune bambina solo sino all'età di 9 anni. A quell'età, la piccola ebbe la sua prima esperienza con la morte: lo spietato boss Matsumoto uccise prima suo padre e poi sua madre. O-Ren giurò vendetta su quegli uomini che l'avevano condannata a un'infanzia da orfana. Il caso volle che il boss Matsumoto fosse un pedofilo e che quindi O-Ren, che era una bambina, vi si potesse avvicinare con estrema facilità. La ragazzina, entrata nella camera del boss, lo uccise con un colpo di katana. Anche le sue due guardie del corpo perirono sotto i colpi di O-Ren.
A 20 anni, O-Ren Ishii era una delle killer più temerarie e spietate al mondo: in questo clima, O-Ren viene notata da Bill, che l'assolda per entrare nella D.V.A.S. e la fa partecipare al massacro ai Due Pini.
Terminata la prima parte della storia, la Sposa riesce finalmente a muovere l'alluce. Tredici ore dopo sale sulla macchina diretta all'aeroporto e compra un biglietto aereo per Okinawa.

Capitolo 4: L'uomo di Okinawa

Ad Okinawa, in Giappone, la Sposa si reca dal leggendario Hattori Hanzō, forgiatore delle spade più affilate e più potenti del mondo. Hanzo le mostra le sue ultime spade, che fece durante la sua carriera ma, essendo ormai in pensione, non fabbrica più le sue armi leggendarie. La Sposa insiste di volere una delle sue spade, spiegando che uno dei nemici che vuole uccidere in passato è stato uno dei suoi allievi.
L'espressione di Hattori Hanzo diventa improvvisamente sorpresa e triste. Avvicinandosi alla finestra della sua soffitta, osserva rammaricato una foto per poi tracciare con un dito il nome "Bill" sul vetro.
L'uomo si rende conto della gravità della situazione: è stato lui il maestro di Bill e ne sente tutta la responsabilità, ben sapendo che l'allievo è diventato uno dei più terribili assassini al mondo. Hattori Hanzo comunica alla Sposa che avrà bisogno di un mese per fare la spada e le dà il permesso di dormire nella soffitta. La Sposa avvicinatasi alla finestra cancella il nome Bill.
Hanzo infrange allora il giuramento che aveva fatto 28 anni prima e forgia una spada, una cosa che uccide. Tra il rimorso, il rancore e la gloria, Hanzō dona alla Sposa quella che lui definisce senza superbia la migliore delle sue armi. Nel mese di tempo intercorso tra l'arrivo della Sposa e la forgiatura della spada, la donna si è allenata per sconfiggere O-Ren, la numero 1 della sua Death List Five.

Capitolo 5: Resa dei Conti alla Casa delle Foglie Blu

Quattro anni dopo il massacro ai Due Pini, O-Ren sale al potere della Yakuza di Tokyo, insieme al suo entourage, capeggiato da Sofie Fatale, Johnny Mo, la folle Gogo e gli 88 Folli. Contrario alla salita al potere di questa entourage è il boss Tanaka, che vede in O-Ren il simbolo della decadenza del clan che i loro padri da secoli onoravano. O-Ren ripaga l'affermazione di Tanaka decapitandolo e usando questo avvenimento come monito a tutti gli altri che oseranno intralciarla ribadendo le sue origini non puramente nipponiche.
Procuratasi una motocicletta, la Sposa si dirige alla Casa delle Foglie Blu, dove O-Ren ed il suo entourage stanno banchettando. La donna prende Sofie Fatale come ostaggio e le taglia un braccio, per poi eliminare Gogo e le altre guardie del corpo lanciatesi all'attacco. Gli 88 folli, capeggiati da Johnny Mo, giungono al locale ed affrontano l'intrusa, venendo tutti sconfitti.
Nel giardino d'inverno personale di O-Ren, le due donne danno dunque vita al loro combattimento: la Sposa, dapprima in difficoltà, finisce per tagliare lo scalpo a O-Ren, scoperchiandole il cervello e mostrando che la sua era realmente una spada di Hanzō. O-Ren rimane allibita ma muore con onore.
La Sposa rivela poi a Sofie che le uniche due ragioni per cui la lascia in vita sono le informazioni sugli altri membri della D.V.A.S. e che Sofie racconti a Bill tutto quanto ha visto. Sofie viene lasciata, mutilata, di fronte l'ospedale di Tokyo. Qualche giorno dopo, quando Bill la va a trovare, la donna gli racconta tutto ciò che la Sposa le ha chiesto di raccontare.
In aereo, la Sposa scrive la lista delle persone che ha già ucciso (solo O-Ren Ishii) e che deve uccidere, ovvero le ultime quattro mentre in ospedale Bill chiede a Sophie se la Sposa sa che sua figlia è ancora viva.

Produzione

L'idea del film nacque sul set di Pulp Fiction, nel 1994. Tarantino e Uma Thurman, attrice protagonista in quel film, pensarono al film proprio ricordandosi la storiella del pilota che Mia raccontava a Vincent nel locale. Sul set della scena, Tarantino e Uma si accordarono sul da farsi per il film e pensarono che per la prima volta la donna dovesse essere mostrata con il volto imbrattato di sangue: da qui «La sposa imbrattata di sangue».
Dopo Pulp Fiction, però la Thurman e Tarantino divisero le loro strade; Uma continuò la sua carriera, Tarantino si dedicò a Niente di nuovo sotto il sole, un episodio della serie E.R. - Medici in prima linea. In questi anni Tarantino mise da parte il copione di Kill Bill per dedicarsi a un film di guerra (Bastardi senza gloria, uscito nel 2009), per poi trarre dal libro Punch al rum (Rum Punch) di Elmore Leonard il film Jackie Brown. Dopo tre anni da Jackie Brown, il regista incontrò nuovamente Uma Thurman e pensò di poter riesumare lo script di Kill Bill che entrambi avevano iniziato a realizzare. Tarantino pensò di girare Kill Bill come regalo di compleanno per i 30 anni compiuti da Uma. Dopo l'inattesa gravidanza della donna (il regista non rinunciò comunque a voler girare con lei) iniziarono le riprese del film.
Nonostante Tarantino abbia girato un'unica pellicola, per sua stessa ammissione i due film (volume 1 e volume 2) hanno degli elementi caratterizzanti. Se il secondo volume è più "occidentale", ispirato allo spaghetti-western, a Sergio Leone e a tutti i suoi miti ispiratori, questo primo film appare invece più proteso verso l'oriente, con le atmosfere da film di kung-fu, con riferimenti a film con Bruce Lee e capolavori del genere come Cinque dita di violenza. Non a caso, la versione giapponese del film contiene una dedica al regista nipponico Kinji Fukasaku, regista particolarmente ammirato da Tarantino per il suo stile violento e dinamico.
La sequenza in stile anime narrante il passato di O-Ren è a cura di Production I.G per la regia di Mamoru Oshii, rispettivamente studio d'animazione e regista giapponese famosi per il film di animazione Ghost in the Shell.