Benvenuti nel mio nuovo blog. Verranno trattati tutti gli argomenti tranne MISTERI, ARTE e STORIA già presenti nei miei altri blog precedenti i cui link troverete qui sotto.
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31/12/2018
24/12/2018
21/12/2018
Italia e Giappone : due nazioni amiche 2
Dopo gli Stati Uniti il Giappone è il paese preferito dagli italiani che vanno all'estero non a caso (vedere link).
Forbidden colours (1983) di Ryuichi Sakamoto è il tema principale del film Furyo, dove l'autore è anche coprotagonista insieme a David Bowie. Ryuichi Sakamoto ha composto le colonne sonore di molti film di successo, vincendo nel 1987 l'Oscar per le musiche de L'ultimo imperatore di Bernardo Bertolucci ; per lo stesso regista ha scritto le colonne di Il tè nel deserto e Il piccolo buddha; per Pedro Almodovar quelle di Tacchi a spillo. L' Hanami ( 花見- contemplare i fiori) è l'usanza tradizionale giapponese d'ammirare la bellezza della fioritura primaverile dei ciliegi da fiore giapponesi, i Sakura ( 桜- fiore di ciliegio).
https://www.youtube.com/watch?v=fuU5pMBgays
17/12/2018
15/12/2018
30/11/2018
Il giudizio degli altri? Io sono ancora qua
Dovessimo accettare tutti i giudizi degli altri dovremmo tutti spararci. Per quanto mi riguarda hanno tentato più volte di attaccarmi sparando giudizi a raffica ma, come canta Vasco, IO SONO ANCORA QUA.
“Come
sono andato? Sono andato bene? Sono stato troppo aggressivo? Ho fatto
bella figura? E se sbaglio? Se mi metto questo vestito poi cosa
penseranno di me? Se esco con quel tizio che figura ci faccio? Non posso
andare in giro con questa vecchia auto, è da perdente. Odio il calcio
ma i miei amici non parlano d’altro e così quando sono con loro fingo.
Amo le telenovele ma le guardo di nascosto, se no le mie amiche non mi
rivolgeranno più la parola, penseranno che io sia una stupida. Alzi la
mano chi non ha aviuto pensieri simili: viviamo spesso come sorvegliati
speciali, attentissimi agli sguardi e al giudizio degli altri. Per qualcuno è una vera malattia e non a caso si chiama fobia sociale, ma anche chi non è sopraffatto dall’ansia per il giudizio degli altri, può serenamente ammettere che la vita sociale lo condiziona, e non poco…
Il giudizio degli altri ci schiaccia...
Sembra che la paura dello giudizio degli altri ci renda schiavi delle regole, dei luoghi comuni, delle norme. Ma è proprio così? In realtà non è il giudizio degli altri a far soffrire… È sempre il nostro giudice interno, quel personaggio nel quale condensiamo la morale e il pensiero comune: è lui che giudica e condanna. Facciamoci caso: gli altri non passano mica il tempo a osservarci! È già tanto se compariamo nei loro pensieri ogni tanto, di passaggio. Facciamo tutto da soli. Meno male allora che arriva un fastidio come l'ansia: solo lei può scuoterci e impedirci di diventare una fotocopia di modelli esterni. Cos’è quest'ansia? Nient’altro che un desiderio profondo, naturale e spontaneo di trasgredire ai diktat e di essere se stessi indipendentemente dal giudizio degli altri, qualcosa che però ancora non riusciamo ad accettare e per questo si presenta con le vesti della paura. L’insicurezza, la paura sono l’unica cosa che ti separa dal diventare un robot programmato: sono la tua parte viva. Più il giudizio degli altri si fa pressante, più ti senti insicuro, più l’anima ti impedisce di sentirti a tuo agio a vivere la vita di un altro, spingendoti a vivere solo la tua.Così spegni l’ansia del giudizio degli altri
Ecco un eccellente esercizio per liberarsi del giudizio degli altri. Cerca un punto tranquillo della casa, dove sai di non venire disturbato. Mettiti comodo e chiudi gli occhi. Ora immagina una tipica situazione in cui ti senti addosso gli sguardi degli altri. Visualizza nella mente e concentrati sulle tue sensazioni: percepisci il disagio, l’imbarazzo, la tensione che ti fa contrarre i muscoli, il timore di sbagliare quando senti forte il peso del giudizio degli altri. Lascialo arrivare senza frenarlo, lasciati travolgere da quella paura, da quegli sguardi che ti trafiggono come punte di lance. Poi, quando senti che l’onda di malessere ti solleva, immagina di aprire gli occhi e di vedere intorno a te solo specchi e la tua immagine riflessa ovunque: gli sguardi che sentivi addosso erano i tuoi! Inizia a fare facce e smorfie a questi specchi. Senti l’ansia tramutarsi in allegria e riso, e lascia dolcemente convivere dentro di te lacrime e gioia.“Di che ti lamenti, se hai dei nemici? O dovrebbero diventarti amici coloro per i quali essere come sei tu è, in segreto, un continuo rimprovero?”
Arthur Schopenhauer
29/11/2018
27/11/2018
Omaggio alla memoria di Bernardo Bertolucci
Omaggio alla memoria di Bernardo Bertolucci scomparso pochi giorni fa: INCORONAZIONE tratto dal film L'ULTIMO IMPERATORE (vedere link).
26/11/2018
25/11/2018
04/11/2018
Cosa fare in caso di alluvione
Dopo i drammatici eventi nel Veneto ed in Sicilia, una guida su come comportarsi in caso di alluvione.
21/10/2018
Musica Gospel - Coro Internazionale di Pistoia
Buona esecuzione a cui ho assistito del coro Gospel i cui partecipanti provengono, oltre che da altre regioni nazionali, anche dall'estero come appunto indica il nome medesimo.
Sorto nel dicembre del 2008, il Coro Gospel Internazionale di Pistoia, diretto dal medico di origine nigeriana Augustine Iroatulam, è entrato nell’anno del decennale della fondazione. Un anno speciale per il Coro, che si prodiga a raccogliere fondi e destinare risorse per il recupero/restauro di opere d’arte, dedicandosi a fini di solidarietà.
Due esibizioni in Inghilterra, entrambe venerdì 6 aprile: dalle ore 19 a Colchester, per la raccolta di fondi da destinare alla ricerca sui tumori della locale Università, e alle 23 a Gravesend. In preparazione del grande concerto nella Cattedrale di Westminster, a Londra, di Pasqua 2020, a testimonianza di quanto siano cresciute la considerazione e la popolarità del Coro.
FACEBOOK :
Nazionale femminile di pallavolo vicecampione del mondo : GRAZIE RAGAZZE
Siamo secondi nel mondo. Grazie ragazze. La vittoria è mancata per poco. In loro onore ho scelto il seguente brano, la marcia FANFARA SOLENNE, marcia d'ordinanza del Corpo delle Guardie della Repubblica eseguita dalla banda dell'Arma dei Carabinieri (in fondo all'articolo - NB).
radiopopolare.it
Azzurre del volley argento ai Mondiali 2018: le schede delle giocatrici e tutti i risultati
9-12 minuti
Hanno emozionato tutta l’Italia e del nostro Paese rappresentano il volto più bello, quello dell’amicizia, della sportività, del successo, della simpatia e della perfetta integrazione. Sono le azzurre del volley, le ragazze terribili (come le ha ribattezzate il telecronista Rai Maurizio Colantoni) che hanno conquistato una meravigliosa medaglia d’argento ai Mondiali in Giappone, ma soprattutto hanno creato grandissime aspettative per il futuro. L’età media della squadra allenata da Davide Mazzanti, infatti, è di soli 23 anni e la stella più splendente, Paola Egonu, 20 anni li compie solo a dicembre. Questo significa che l’argento di oggi potrebbe essere solo il primo step di un ciclo lungo e ricco di successi.
In realtà il cammino di queste ragazze è già partito da qualche anno, perché Egonu è stata campionessa del mondo Under 18 (e anche MVP del torneo) nel 2015 e da quella nazionale, allenata da Marco Mencarelli, nei prossimi anni potrebbero arrivare anche altre stelle. Insomma, il segnale arrivato dal Giappone nelle ultime quattro settimane è molto chiaro: l’Italvolley femminile può farci sognare per molti anni, le azzurre oggi sono vicecampionesse del mondo, un domani potranno salire anche quell’ultimo gradino e la prima grande occasione saranno le Olimpiadi di Tokyo 2020.
Intanto tutte le ragazze di Davide Mazzanti si sono fatte notare a livello mondiale. Oltre a Paola Egonu, che ha stabilito lo storico record di 45 punti in una partita della competizione iridata (nella semifinale contro la Cina), anche altre tre azzurre sono state inserite nel dream team finale: Miriam Sylla, come migliore schiacciatrice, Ofelia Malinov, come migliore palleggiatrice, e Monica De Gennaro, che per la seconda volta è il miglior libero (lo fu anche nel 2014 nel Mondiale casalingo). E solo per una questione di “equa distribuzione dei premi individuali” tra le squadre della Final Four, Anna Danesi non ha avuto il premio come miglior centrale, che avrebbe ampiamente meritato.
Le azzurre hanno collezionato 11 vittorie su 13 partite in totale, le prime dieci consecutive. Hanno battuto due volte le campionesse olimpiche della Cina, hanno dominato contro le campionesse del mondo uscenti degli Stati Uniti e i due match persi sono stati entrambi contro la Serbia. E le serbe, campionesse d’Europa e vicecampionesse olimpiche, hanno meritato la vittoria, hanno dimostrato di essere davvero la squadra più forte. Per ora. Sì perché con un pizzico di esperienza in più le azzurre potranno presto battere anche loro, in fondo la sconfitta è arrivata solo al tie-break!
E allora appuntiamoci uno per uno i nomi delle azzurre e scriviamoli a caratteri cubitali, perché queste ragazze (e anche alcune delle serbe) giocano nel campionato italiano, che già le attende con una grande festa: il prossimo weekend su tutti i campi rosa di A1 e A2 verrà applicata la scritta “GrAzie ragazze!” per dimostrare “il riconoscimento e l’affetto con cui milioni di persone hanno seguito l’impresa che ha portato l’Italia all’argento mondiale e la pallavolo femminile nel cuore del nostro Paese”, scrive la Lega Serie A in una nota. E ricordiamo che il volley femminile NON è uno sport minore, ma è tra quelli con il maggior numero di tesserate, perciò non deve tornare nell’ombra dopo questa impresa.
Le azzurre del volley vicecampionesse del mondo
L'Italia non regge l'impeto servo in una finale strepitosa iniziata con le azzurre in vantaggio
e chiusa da un tie-break che ha premiato la maggior determinazione
serba. Il Mondiale giapponese si conclude così, con l'Italvolley che
vince il primo set, poi cede il secondo, rientra nel match col terzo set
vincente e poi si ferma al quarto. Uno strepitoso mondiale che regala all'Italia un argento importantissimo, orgoglio di un movimento che ha mostrato il meglio di sé e di un Paese che si è unito attorno alle ragazze terribili di Davide Mazzanti
Il sogno mondiale, iniziato come tale e trasformatosi in realtà, in una splendida realtà set dopo set. Tutte sono cadute sotto i colpi delle Azzurre, bravissime nel crescere di intensità durante il torneo in cui non c'è stata alcuna macchia fino alla finale, con l'unica sconfitta indolore, nell'ultimo match contro la Serbia prima delle fasi finali. Oggi, a palla ferma, ci si rende conto di quanto ha fatto questa nazionale, in finale dopo 16 anni, che ha rilanciato oltre la rete l'orgoglio di una nazione intera, finalmente fuoriuscita dal guscio del classico calcio, disciplina che tutto fagocita e ingloba.
Era dal 2002 che l'Italvolley in rosa non riusciva in una impresa così importante, quando alzò al cielo l'oro iridato, Poi i nuovi tentativi con i due Mondiali (nell'ultimo, con un 4° posto oggi diventato il trampolino di rilancio) e due Europei che hanno aperto altri cicli, meno vincenti, ma sempre all'altezza delle aspettative tanto che la pallavolo a livello femminile non a caso rappresenta il primo sport italiano. E che da questo mondiale in poi, avrà ancor più meritato seguito.
L'acme in Giappone è arrivato in semifinale, con l'epica vittoria sulla Cina, per 3-2 con in tie-break spettacolare, drammatico nella sua emotività che ha espresso il meglio di quanto l'italvolley femminile oggi ha saputo dimostrare al mondo. Esempio dell'orgoglio di un movimento che troppo spesso passa in secondo piano e che viene a richiamare a sé l'unità italiana solo nei momenti che contano, relegando il terzo sport nazionale in fondo ai pensieri di tifosi e ‘sportivi'.
E' stato un Mondiale – cartolina al di là della finale contro le maestre serbe contro cui però la nostra Nazionale non ha per nulla demeritato, tenendo testa finché ha potuto, crollando alla distanza ma facendo comunque tremare l'avversario mettendolo sotto pressione con un inizio di rabbia, qualità e carattere.
Il sogno mondiale, iniziato come tale e trasformatosi in realtà, in una splendida realtà set dopo set. Tutte sono cadute sotto i colpi delle Azzurre, bravissime nel crescere di intensità durante il torneo in cui non c'è stata alcuna macchia fino alla finale, con l'unica sconfitta indolore, nell'ultimo match contro la Serbia prima delle fasi finali. Oggi, a palla ferma, ci si rende conto di quanto ha fatto questa nazionale, in finale dopo 16 anni, che ha rilanciato oltre la rete l'orgoglio di una nazione intera, finalmente fuoriuscita dal guscio del classico calcio, disciplina che tutto fagocita e ingloba.
Era dal 2002 che l'Italvolley in rosa non riusciva in una impresa così importante, quando alzò al cielo l'oro iridato, Poi i nuovi tentativi con i due Mondiali (nell'ultimo, con un 4° posto oggi diventato il trampolino di rilancio) e due Europei che hanno aperto altri cicli, meno vincenti, ma sempre all'altezza delle aspettative tanto che la pallavolo a livello femminile non a caso rappresenta il primo sport italiano. E che da questo mondiale in poi, avrà ancor più meritato seguito.
L'acme in Giappone è arrivato in semifinale, con l'epica vittoria sulla Cina, per 3-2 con in tie-break spettacolare, drammatico nella sua emotività che ha espresso il meglio di quanto l'italvolley femminile oggi ha saputo dimostrare al mondo. Esempio dell'orgoglio di un movimento che troppo spesso passa in secondo piano e che viene a richiamare a sé l'unità italiana solo nei momenti che contano, relegando il terzo sport nazionale in fondo ai pensieri di tifosi e ‘sportivi'.
E' stato un Mondiale – cartolina al di là della finale contro le maestre serbe contro cui però la nostra Nazionale non ha per nulla demeritato, tenendo testa finché ha potuto, crollando alla distanza ma facendo comunque tremare l'avversario mettendolo sotto pressione con un inizio di rabbia, qualità e carattere.
repubblica.it
"Ci avete fatto sognare": il grazie dei social alle azzurre del volley argento al Mondiale
di LIVIA LIBERATORE
ROMA - Un argento meritato come fosse un oro, una nazionale, sconfitta al match point dalla Serbia, che resterà alla storia. Già dai primi minuti dopo l'atteso risultato della finale del mondiale Italia-Serbia, gli utenti dei social network si stringono alle azzurre e dicono loro un "grazie" collettivo. La prima a diffondere il commosso ringraziamento è la Federazione Italiana Pallavolo:
E dietro un coro di voci su Twitter.
"Questo è l’unico muro che ci piace! Forza Azzurre!", scrive il cantante Marco Mengoni, twittando una foto delle "ragazze terribili", quella nazionale multietnica che ha conquistato i tifosi con la sua voglia di vincere, la professionalità e la spontaneità.
"Brave ragazze, stima, orgoglio e applausi" twitta il ministro Matteo Salvini. Sulla stessa linea il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, che commenta: "Ci avete comunque regalato un sogno. BRAVISSIME RAGAZZE, grande coach Mazzanti!"
E alla fine di questi Mondiali del volley femminile pochi dimenticheranno il sorriso di Paola Egonu, sfoggiato anche nel pieno delle sue memorabili schiacciate.
Quando la Egonu sorride #ItaliaSerbia pic.twitter.com/dqW0jDI2xm
— Dimitri (@biondario) 20 ottobre 201
repubblica.it
Volley, Mondiali femminili: Italia sconfitta in finale, la Serbia vince al tie break
dal nostro inviato COSIMO CITO
YOKOHAMA - Il Mondiale, il primo della sua storia, è della Serbia, alle azzurre solo tanti, tantissimi rimpianti. Una finale lunghissima chiusa al tie break, una nuova altalena di emozioni che stavolta ha punito l'Italia, arrivata fiaccata da 10 set giocati in ventiquattr'ore a giocarsi il mondo all'ultimo punto. Decisivo, sul 9-8 serbo nell'ultima partita uno spaventoso muro di Mihajlovic su Egonu. Lì le slave prendono l'abbrivio decisivo. È proprio la schiacciatrice, più di Boskovic, la donna del destino serbo.
Finisce 3-2 quindi, ma stavolta col 3 dalla parte sbagliata, col Giappone e con la Cina le azzurre avevano vinto all'ultimo punto. I parziali raccontano l'equilibrio visto in campo, ma solo nei set vinti dalle azzurre: 21-25, 25-14, 23-25, 25-19, 15-12). Fatturato enorme ancora per Egonu (30 attacchi, 2 muri e un ace), ma anche una gran quantità di errori che sommati alla serata di scarsa vena di Sylla hanno premiato Terzic.
A distanza di sedici anni l'Italia è tornata comunque a conquistare una medaglia in una rassegna iridata e lo ha fatto con una squadra giovanissima e praticamente autoprodotta: 9 delle azzurre si sono formate nel Club Italia: Fahr, Nwakalor, Pietrini, Lubian, Chirichella, Egonu, Danesi, Malinov e Ortolani. Mazzanti ha guidato il gruppo alla perfezione. Asciugate le lacrime, ora si dovrà ripartire. Nel prossimo fine settimane, smessa la maglia azzurra, le 14 ragazze inizieranno il campionato italiano.
Finisce così il Mondiale, non la favola delle azzurre d'argento. Bronzo alla Cina, 3-0 senza storia sull'Olanda. Alla fine Miriam Sylla eletta miglior schiacciatrice, De Gennaro miglior libero, Malinov miglior regista, Egonu miglior opposto. Boskovic, però, è l'Mvp, ed è giusto così.
19/10/2018
Gli effetti della musica Jazz
Certe volte, ascoltando la musica Jazz,, mi verrebbe voglia di fare come Snoopy.
06/10/2018
Cinema : VENOM
Sul grande schermo il super eroe Marvel Venom, principale antagonista dell'uomo ragno.
Venom, il protettore letale, uno dei
personaggi Marvel più enigmatici, complessi e tosti arriva sul grande
schermo interpretato dall'attore candidato all'Oscar Tom Hardy.
Nel film diretto da Ruben Fleischer, Hardy è il giornalista investigativo Eddie Brock, il quale, nel tentativo di rianimare la sua carriera, inizia ad indagare su uno scandalo che coinvolge la Life Foundation, una sofisticata organizzazione senza scrupoli formata da un gruppo survivalista, entra in contatto con un'entità aliena con la quale si fonde ottennendo superpoteri. Il rapporto tra Brock e il simbionte è quello di un "ibrido" con i due personaggi che condividono lo stesso corpo e che si vedono costretti da lavorare insieme.
Nel film Michelle Williams interpreta Anne Weying, procuratore distrettuale nonché fidanzata di Brock, mentre Riz Ahmed è Carlton Drake, leader della Life Foundation, principale artefice delle sperimentazioni sui simbionti. Di lui s'impossesserà uno di loro, trasformandolo in Riot, principale rivale di Venom.
https://www.comingsoon.it/film/venom/54617/scheda/
LINK DI APPROFONDIMENTO :
Venom fumetto Marvel
Venom film
Nel film diretto da Ruben Fleischer, Hardy è il giornalista investigativo Eddie Brock, il quale, nel tentativo di rianimare la sua carriera, inizia ad indagare su uno scandalo che coinvolge la Life Foundation, una sofisticata organizzazione senza scrupoli formata da un gruppo survivalista, entra in contatto con un'entità aliena con la quale si fonde ottennendo superpoteri. Il rapporto tra Brock e il simbionte è quello di un "ibrido" con i due personaggi che condividono lo stesso corpo e che si vedono costretti da lavorare insieme.
Nel film Michelle Williams interpreta Anne Weying, procuratore distrettuale nonché fidanzata di Brock, mentre Riz Ahmed è Carlton Drake, leader della Life Foundation, principale artefice delle sperimentazioni sui simbionti. Di lui s'impossesserà uno di loro, trasformandolo in Riot, principale rivale di Venom.
https://www.comingsoon.it/film/venom/54617/scheda/
LINK DI APPROFONDIMENTO :
Venom fumetto Marvel
Venom film
27/09/2018
Aggiornamento profilo FACEBOOK
Aggiornamento profilo FACEBOOK con molti dati personali :
https://www.facebook.com/mysterium.arcanum?lst=1845252637%3A1845252637%3A1538044211
https://www.facebook.com/mysterium.arcanum?lst=1845252637%3A1845252637%3A1538044211
25/09/2018
20/09/2018
Cicirinella (canzone popolare napoletana)
Mi è stato riferito che due emigranti italiani disc jockey avrebbero messo CICIRINELLA in una discoteca di New York creando non poco stupore. Ciò sarebbe stato rivelato in una trasmissione televisiva. Se ciò fosse vero avrebbero fatto proprio una grossa sorpresa a tutti.
Cicerenella (letteralmente "Piccolo cece") è una canzone popolare napoletana scritta da autori ignoti nel XVIII secolo[1] e diffusasi in epoca romantica. È considerata una vera e propria tarantella, difatti nel corso dell'Ottocento fu diffusa col titolo specifico di Tarantella di Posillipo[2]. La musica è caratterizzata dall'uso delle castagnette e dei tamburelli.
È stata reinterpretata da tutti i più grandi interpreti della canzone napoletana. Tra le più note, la versione di Roberto Murolo del 1963, contenuta nell'album Napoletana. Antologia cronologica della canzone partenopea - Secondo volume (dal 1700 al 1820), e quella più recente della Nuova Compagnia di Canto Popolare contenuta nell'album intitolato proprio Cicerenella del 1972[3] che usa vocalismi della lingua puteolana[4].
16/09/2018
07/09/2018
27/08/2018
I grandi del Jazz : Dizzy Gillespie
John Birks "Dizzy" Gillespie (Cheraw, 21 ottobre 1917 – Englewood, 6 gennaio 1993) è stato un trombettista, pianista e compositore statunitense.
Jazzista, fu anche cantante, percussionista e bandleader. Con Charlie Parker fu, negli anni quaranta, uno degli inventori e delle figure chiave del bebop e del jazz moderno.
Nonostante fosse molto povero, riuscì ad ottenere una borsa di studio all'istituto di Laurinburg, nella Carolina del Nord. Tuttavia, lasciò la scuola nel 1935 e si trasferì a Filadelfia alla ricerca di lavoro come musicista a tempo pieno. Inizialmente si unì a Frankie Fairfax ed effettuò la sua prima registrazione nella band di Teddy Hill nella quale sostituì Roy Eldridge.
Alla fine degli anni trenta si mise in luce nelle orchestre di Teddy Hill, Lucky Millinder, Cab Calloway, Jimmy Dorsey e Lionel Hampton come uno dei migliori epigoni di Roy Eldridge. In quegli anni incontrò tra gli altri Coleman Hawkins, Mario Bauza, Milt Hinton, che lo indirizzarono verso uno stile più moderno.
Nei primi anni quaranta Gillespie iniziò a frequentare il Minton's Playhouse, un locale notturno di New York dove insieme iniziava a muovere i primi passi il nuovo jazz. Con il bassista Oscar Pettiford e il batterista Kenny Clarke fondò un gruppo divenuto poi leggendario e che fu considerato la prima formazione bop della storia. Le jam sessions notturne del Minton's furono la prima importante palestra per alcuni dei grandi nomi del jazz moderno: Thelonious Monk, Bud Powell, Max Roach, ma anche Charlie Christian, iniziarono suonando al Minton's e lì inventarono quello che poi sarebbe stato chiamato bebop.
Importante per la carriera di Gillespie fu l'ingresso, nel 1943, nell'orchestra di Earl Hines dove, insieme a Charlie Parker e ad altri giovani neoboppers, venne indirizzato da Billy Eckstine, cantante e grande star della band, cui si deve pure l'arrivo di Sarah Vaughan, che Mr. B. scopre a una rassegna di dilettanti all'Apollo di New York. Non durò molto il rapporto con Fatha Hines: andatosene Eckstine, dopo poco lasciarono pure Dizzy, Parker e gli altri, compresa la Vaughan. Nel 1944, tutti costoro e Gillespie furono ingaggiati nella nuovissima orchestra di Eckstine: Dizzy avrebbe ricoperto pure il ruolo di direttore musicale. È grazie a questa band ed ai tre anni di tour per l'America che il bebop si fece conoscere e smise di essere l'urlo claustrofobico dei locali newyorkesi.
Fu nelle piccole formazioni di Gillespie con Charlie Parker, Max Roach, Bud Powell e Oscar Pettiford che al Minton's il bebop trovò la sua conformazione definitiva e più tipica. Composizioni di Gillespie come Groovin' High, Woody n' You, Anthropology, Salt Peanuts e la celeberrima A Night in Tunisia erano per l'epoca rivoluzionarie rispetto all'imperante swing, da cui differivano soprattutto per l'armonia, la melodia, e il trattamento ritmico. Anche il suono tendeva a differenziarsi, soprattutto per l'assenza di vibrato e per gli arrangiamenti, più semplici e lineari. Il bebop era anche uno stile di vita rivoluzionario e un nuovo modo di porsi per gli afro-americani. I musicisti neri si stavano riappropriando della "loro" musica, il jazz, un tempo vituperato e poi addolcito dallo swing delle orchestre ballabili bianche. Spesso il nuovo linguaggio non era capito o addirittura apertamente osteggiato e non sempre fu facile per i musicisti che si erano fatti le ossa al Minton's trovare ingaggi. Il bebop durò poco: nel 1949 quasi tutti i protagonisti della rivoluzione musicale iniziata da Gillespie e soci si stavano dedicando a cose diverse.
Lasciato Charlie Parker (che chiamò a suonare Miles Davis al suo posto) nel 1947 Gillespie formò un quintetto con il pianista John Lewis e con Milt Jackson, Kenny Clarke e Ray Brown, in pratica la futura formazione del Modern Jazz Quartet.
Il canto del cigno del vero bebop è testimoniato dalla registrazione del concerto tenuto il 15 maggio del 1953 alla Massey Hall di Toronto, con Charlie Mingus, Charlie Parker, Max Roach e Bud Powell, in uno dei più famosi dischi della storia del jazz. Gli subentrò l'hard bop della stella nascente – ma che sarebbe presto tragicamente tramontata – Clifford Brown.
Verso la fine degli anni quaranta Dizzy Gillespie cominciò a interessarsi alla musica caraibica e sudamericana. Fu uno dei primi tentativi riusciti di fusion tra generi diversi: i ritmi afro-cubani inseriti nel contesto di una jazz band. Composizioni importanti dell'epoca furono Manteca e Tin Tin Deo.
La passione di Gillespie per i ritmi latini continuò per anni. Nel 1977 scoprì a Cuba il trombettista Arturo Sandoval, durante un giro alla ricerca della buona musica.
A differenza di Miles Davis, Dizzy Gillespie rimase comunque sempre fedele al bebop nonostante la sua preferenza per le big band e l'amore per la salsa e per i ritmi caraibici.
Negli anni cinquanta iniziò ad adoperare la sua caratteristica tromba con la campana piegata verso l'alto e divenne riconoscibilissimo per l'estensione del rigonfiamento delle sue guance mentre soffiava potenti riff nel bocchino.
Gillespie pubblicò la sua autobiografia, To Be or Not To Bop nel 1979, che fu tradotta in italiano da Lilian Terry. La stesura dell'autobiografia fu l'occasione per chiarire molti aspetti controversi della sua lunga carriera – non ultimi la spiegazione dell'origine di due degli aspetti più caratteristici della sua presenza scenica.
Il primo, la sua famosa tromba con la campana rivolta in alto, deve la sua origine a un incidente di scena. Una sera, durante uno spettacolo, lo strumento fu fatto cadere dal duo comico Stump and Stumpy che si esibiva prima di Dizzy. Il suono risultante e la forma non gli dispiacquero: la campana rivolta in alto gli permetteva di leggere gli spartiti senza dover abbassare la testa, e inoltre riusciva a sentirsi meglio perché il suono veniva riflesso dal basso soffitto dei locali dove si esibiva. Decise quindi di farsi fare una tromba di quella forma, con la campana piegata a quarantacinque gradi verso l'alto (quella originale si era danneggiata nell'incidente).[1] Un'altra inconfondibile caratteristica dell'aspetto fisico di Gillespie era l'enorme gonfiore assunto dalle guance quando suonava (l'impostazione trombettistica classica richiede che le guance vengano gonfiate pochissimo o per nulla). Gillespie attribuiva questo fatto, che si manifestò solo in età matura, a fattori fisiologici al di fuori del suo controllo, e diceva che un medico ipotizzò che si trattasse di una sindrome sconosciuta.[1]
Nel 1963, il 21 settembre 1963, Dizzy Gillespie sul palco del Monterey Jazz Festival comunicò al mondo la sua intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali statunitensi.
Durante gli anni settanta Dizzy Gillespie si rese protagonista di un'azione altamente benefica nei confronti di un suo collega il trombettista Chet Baker. Quest'ultimo, a seguito della sua vita parecchio tempestosa, a causa dell'ennesimo mancato pagamento nei confronti di alcuni suoi creditori, fu pestato a sangue da quest'ultimi che infierirono sul volto di Chet fino a compromettergli la possibilità di continuare ad esercitare il suo mestiere di trombettista tant'è che per diverso tempo fu costretto all'inattività. Dizzy, nell'assoluto anonimato, pagò di sua tasca l'intervento chirurgico che ricompose la dentatura di Chet consentendogli di tornare a suonare. Sembra che Chet Baker, indagando sul suo segreto benefattore, saputo alfine che rispondeva al nome di Dizzy Gillespie, sostò nel suo pianerottolo dormendo tre notti all'addiaccio, senza profferire parola, rendendo grazie in questo modo a colui che gli aveva ridonato la vita musicale.
Negli anni ottanta guidò la United Nations Orchestra e apparve come ospite in alcune sit-com televisive. Nel 1986 ha suonato all'album Effetti Personali di Sergio Caputo.
Negli ultimi anni Gillespie rallentò molto la sua attività. Si dedicò prevalentemente all'insegnamento e fu spesso ospite in Italia a Bassano del Grappa, dove gli venne conferita la cittadinanza onoraria e dove fondò la locale Scuola popolare di musica, in seguito intitolata a lui. Continuò comunque a esibirsi con i suoi protetti come Arturo Sandoval e Jon Faddis. Il suo atteggiamento comico e allegro divenne una caratteristica distintiva delle sue esibizioni durante le quali comunque non si risparmiava suonando la tromba con il suo dispendiosissimo stile.
Gillespie fu uno dei più noti aderenti alla fede Bahá'í. In suo onore ogni settimana si svolge una esibizione di jazz presso il Bahá'í Center di New York.
Gillespie morì di cancro al pancreas nel 1993 a 75 anni; è sepolto nel Flushing Cemetery, nel Queens, a New York. Alla sua memoria è stata dedicata una stella nella Hollywood Walk of Fame di Los Angeles, al 7057 di Hollywood Boulevard.
Il 21 ottobre 2017 ricorre il centenario della nascita di Dizzy Gillespie.
PRIMO VIDEO : Gillespie e la sua orchestra.
SECONDO VIDEO : Duetto tra Titani Dizzy Gillespie - Charlie Parker, gli inventori del genere Bepop.
TERZO VIDEO : Altro duetto con un grande del Jazz, Louis Armstrong in Umbrella Man.
Biografia
Gli inizi
John Birks Gillespie era il più giovane di nove figli e cominciò a suonare la tromba all'età di 12 anni, per gioco e da autodidatta. Suo padre, che picchiava regolarmente i suoi bambini, morì quando Gillespie aveva dieci anni.Nonostante fosse molto povero, riuscì ad ottenere una borsa di studio all'istituto di Laurinburg, nella Carolina del Nord. Tuttavia, lasciò la scuola nel 1935 e si trasferì a Filadelfia alla ricerca di lavoro come musicista a tempo pieno. Inizialmente si unì a Frankie Fairfax ed effettuò la sua prima registrazione nella band di Teddy Hill nella quale sostituì Roy Eldridge.
Alla fine degli anni trenta si mise in luce nelle orchestre di Teddy Hill, Lucky Millinder, Cab Calloway, Jimmy Dorsey e Lionel Hampton come uno dei migliori epigoni di Roy Eldridge. In quegli anni incontrò tra gli altri Coleman Hawkins, Mario Bauza, Milt Hinton, che lo indirizzarono verso uno stile più moderno.
La nascita del Bebop
« Bird è stato lo spirito del movimento bebop, ma Dizzy ne era la testa e le mani, era lui che teneva insieme tutto » |
(Miles Davis, Autobiografia) |
Nei primi anni quaranta Gillespie iniziò a frequentare il Minton's Playhouse, un locale notturno di New York dove insieme iniziava a muovere i primi passi il nuovo jazz. Con il bassista Oscar Pettiford e il batterista Kenny Clarke fondò un gruppo divenuto poi leggendario e che fu considerato la prima formazione bop della storia. Le jam sessions notturne del Minton's furono la prima importante palestra per alcuni dei grandi nomi del jazz moderno: Thelonious Monk, Bud Powell, Max Roach, ma anche Charlie Christian, iniziarono suonando al Minton's e lì inventarono quello che poi sarebbe stato chiamato bebop.
Importante per la carriera di Gillespie fu l'ingresso, nel 1943, nell'orchestra di Earl Hines dove, insieme a Charlie Parker e ad altri giovani neoboppers, venne indirizzato da Billy Eckstine, cantante e grande star della band, cui si deve pure l'arrivo di Sarah Vaughan, che Mr. B. scopre a una rassegna di dilettanti all'Apollo di New York. Non durò molto il rapporto con Fatha Hines: andatosene Eckstine, dopo poco lasciarono pure Dizzy, Parker e gli altri, compresa la Vaughan. Nel 1944, tutti costoro e Gillespie furono ingaggiati nella nuovissima orchestra di Eckstine: Dizzy avrebbe ricoperto pure il ruolo di direttore musicale. È grazie a questa band ed ai tre anni di tour per l'America che il bebop si fece conoscere e smise di essere l'urlo claustrofobico dei locali newyorkesi.
Fu nelle piccole formazioni di Gillespie con Charlie Parker, Max Roach, Bud Powell e Oscar Pettiford che al Minton's il bebop trovò la sua conformazione definitiva e più tipica. Composizioni di Gillespie come Groovin' High, Woody n' You, Anthropology, Salt Peanuts e la celeberrima A Night in Tunisia erano per l'epoca rivoluzionarie rispetto all'imperante swing, da cui differivano soprattutto per l'armonia, la melodia, e il trattamento ritmico. Anche il suono tendeva a differenziarsi, soprattutto per l'assenza di vibrato e per gli arrangiamenti, più semplici e lineari. Il bebop era anche uno stile di vita rivoluzionario e un nuovo modo di porsi per gli afro-americani. I musicisti neri si stavano riappropriando della "loro" musica, il jazz, un tempo vituperato e poi addolcito dallo swing delle orchestre ballabili bianche. Spesso il nuovo linguaggio non era capito o addirittura apertamente osteggiato e non sempre fu facile per i musicisti che si erano fatti le ossa al Minton's trovare ingaggi. Il bebop durò poco: nel 1949 quasi tutti i protagonisti della rivoluzione musicale iniziata da Gillespie e soci si stavano dedicando a cose diverse.
Lasciato Charlie Parker (che chiamò a suonare Miles Davis al suo posto) nel 1947 Gillespie formò un quintetto con il pianista John Lewis e con Milt Jackson, Kenny Clarke e Ray Brown, in pratica la futura formazione del Modern Jazz Quartet.
Il canto del cigno del vero bebop è testimoniato dalla registrazione del concerto tenuto il 15 maggio del 1953 alla Massey Hall di Toronto, con Charlie Mingus, Charlie Parker, Max Roach e Bud Powell, in uno dei più famosi dischi della storia del jazz. Gli subentrò l'hard bop della stella nascente – ma che sarebbe presto tragicamente tramontata – Clifford Brown.
La musica afro-cubana
Già dal 1945 Gillespie, iniziatore del minimalista bebop, per suonare il quale era preferibile organizzarsi in piccoli gruppi, dimostrò la sua preferenza per le grandi formazioni, nelle quali poteva esprimersi come leader, come solista e nello stesso tempo come istrionico intrattenitore. Negli anni molte furono le "Dizzy Gillespie Big Bands", che si esibirono spesso anche in Europa, ma che finirono sempre per sciogliersi perché troppo onerose.Verso la fine degli anni quaranta Dizzy Gillespie cominciò a interessarsi alla musica caraibica e sudamericana. Fu uno dei primi tentativi riusciti di fusion tra generi diversi: i ritmi afro-cubani inseriti nel contesto di una jazz band. Composizioni importanti dell'epoca furono Manteca e Tin Tin Deo.
La passione di Gillespie per i ritmi latini continuò per anni. Nel 1977 scoprì a Cuba il trombettista Arturo Sandoval, durante un giro alla ricerca della buona musica.
Gli ultimi anni
A differenza di Miles Davis, Dizzy Gillespie rimase comunque sempre fedele al bebop nonostante la sua preferenza per le big band e l'amore per la salsa e per i ritmi caraibici.
Negli anni cinquanta iniziò ad adoperare la sua caratteristica tromba con la campana piegata verso l'alto e divenne riconoscibilissimo per l'estensione del rigonfiamento delle sue guance mentre soffiava potenti riff nel bocchino.
Gillespie pubblicò la sua autobiografia, To Be or Not To Bop nel 1979, che fu tradotta in italiano da Lilian Terry. La stesura dell'autobiografia fu l'occasione per chiarire molti aspetti controversi della sua lunga carriera – non ultimi la spiegazione dell'origine di due degli aspetti più caratteristici della sua presenza scenica.
Il primo, la sua famosa tromba con la campana rivolta in alto, deve la sua origine a un incidente di scena. Una sera, durante uno spettacolo, lo strumento fu fatto cadere dal duo comico Stump and Stumpy che si esibiva prima di Dizzy. Il suono risultante e la forma non gli dispiacquero: la campana rivolta in alto gli permetteva di leggere gli spartiti senza dover abbassare la testa, e inoltre riusciva a sentirsi meglio perché il suono veniva riflesso dal basso soffitto dei locali dove si esibiva. Decise quindi di farsi fare una tromba di quella forma, con la campana piegata a quarantacinque gradi verso l'alto (quella originale si era danneggiata nell'incidente).[1] Un'altra inconfondibile caratteristica dell'aspetto fisico di Gillespie era l'enorme gonfiore assunto dalle guance quando suonava (l'impostazione trombettistica classica richiede che le guance vengano gonfiate pochissimo o per nulla). Gillespie attribuiva questo fatto, che si manifestò solo in età matura, a fattori fisiologici al di fuori del suo controllo, e diceva che un medico ipotizzò che si trattasse di una sindrome sconosciuta.[1]
Nel 1963, il 21 settembre 1963, Dizzy Gillespie sul palco del Monterey Jazz Festival comunicò al mondo la sua intenzione di candidarsi alle elezioni presidenziali statunitensi.
Durante gli anni settanta Dizzy Gillespie si rese protagonista di un'azione altamente benefica nei confronti di un suo collega il trombettista Chet Baker. Quest'ultimo, a seguito della sua vita parecchio tempestosa, a causa dell'ennesimo mancato pagamento nei confronti di alcuni suoi creditori, fu pestato a sangue da quest'ultimi che infierirono sul volto di Chet fino a compromettergli la possibilità di continuare ad esercitare il suo mestiere di trombettista tant'è che per diverso tempo fu costretto all'inattività. Dizzy, nell'assoluto anonimato, pagò di sua tasca l'intervento chirurgico che ricompose la dentatura di Chet consentendogli di tornare a suonare. Sembra che Chet Baker, indagando sul suo segreto benefattore, saputo alfine che rispondeva al nome di Dizzy Gillespie, sostò nel suo pianerottolo dormendo tre notti all'addiaccio, senza profferire parola, rendendo grazie in questo modo a colui che gli aveva ridonato la vita musicale.
Negli anni ottanta guidò la United Nations Orchestra e apparve come ospite in alcune sit-com televisive. Nel 1986 ha suonato all'album Effetti Personali di Sergio Caputo.
Negli ultimi anni Gillespie rallentò molto la sua attività. Si dedicò prevalentemente all'insegnamento e fu spesso ospite in Italia a Bassano del Grappa, dove gli venne conferita la cittadinanza onoraria e dove fondò la locale Scuola popolare di musica, in seguito intitolata a lui. Continuò comunque a esibirsi con i suoi protetti come Arturo Sandoval e Jon Faddis. Il suo atteggiamento comico e allegro divenne una caratteristica distintiva delle sue esibizioni durante le quali comunque non si risparmiava suonando la tromba con il suo dispendiosissimo stile.
Gillespie fu uno dei più noti aderenti alla fede Bahá'í. In suo onore ogni settimana si svolge una esibizione di jazz presso il Bahá'í Center di New York.
Gillespie morì di cancro al pancreas nel 1993 a 75 anni; è sepolto nel Flushing Cemetery, nel Queens, a New York. Alla sua memoria è stata dedicata una stella nella Hollywood Walk of Fame di Los Angeles, al 7057 di Hollywood Boulevard.
Il 21 ottobre 2017 ricorre il centenario della nascita di Dizzy Gillespie.
PRIMO VIDEO : Gillespie e la sua orchestra.
SECONDO VIDEO : Duetto tra Titani Dizzy Gillespie - Charlie Parker, gli inventori del genere Bepop.
TERZO VIDEO : Altro duetto con un grande del Jazz, Louis Armstrong in Umbrella Man.
26/08/2018
TARABARALLA : Roadhouse Blues (The Doors)
I TARABARALLA eseguono Roadhouse Blues dei DOORS accompagnati da giochi di fuoco dall'alto di una torre.
PRIMO VIDEO : Brano eseguito dal vivo dai DOORS a New York nel 1970 con conseguente putiferio dei fan intenzionati a salire sul palco e bloccati dai poliziotti.
SECONDO VIDEO : Esecuzione dei TARABARALLA ( pagina FACEBOOK a questo link).
Roadhouse Blues
"Roadhouse Blues" | ||||
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Single di The Doors | ||||
dall'album Morrison Hotel | ||||
A parte | "Mi fai vero" | |||
Rilasciato | Febbraio 1970 | |||
Formato | Record di 45 giri | |||
Registrato | 4-5 novembre 1969 | |||
Genere | Rock blues | |||
Lunghezza |
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Etichetta | Elektra | |||
Compositore (s) | Le porte | |||
Lyricist (s) | Jim Morrison | |||
Produttore (s) | Paul A. Rothchild | |||
The Doors sceglie cronologia | ||||
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Campione audio | ||||
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Contenuto
Sessioni
Le sessioni sono decollate solo il secondo giorno, quando il chitarrista residente Elektra Lonnie Mack si è unito al basso e l'ex frontista di Lovin 'Spoonful John Sebastian che ha contribuito all'armonica (apparendo sotto lo pseudonimo di G. Puglese o per fedeltà al suo contratto discografico [4] o per evitare l'affiliazione con The Doors dopo la famigerata controversia di Miami) si unì alle sessioni e Manzarek passò dal suo pianoforte elettrico Wurlitzer a un pianoforte a percussione (lo stesso usato su The Beach Boys " Good Vibrations "). [5] Una versione in studio della canzone con John Lee Hooker che condivide la voce con Morrison può essere trovata sull'album Stoned Immaculate: The Music of The Doors . [6]
Un recente malinteso afferma che Mack ha contribuito con l'assolo di chitarra in pista oltre al basso. Lo stesso Mack ha dichiarato di aver "suonato il basso". [7] In realtà, il chitarrista Robby Krieger è responsabile di tutte le parti di chitarra in "Roadhouse Blues" e il contributo di Mack è limitato al basso, come sempre dichiarato ufficialmente; Jim Morrison grida "Fallo, Robby, fallo!" (particolarmente udibile sulla prova audio ufficiale di DVD-Audio e SuperAudioCD in cui la singola traccia vocale può essere separata da altri strumenti) all'inizio del solo chitarra. L'assolo su disco è rappresentativo del gioco di tipo fingerstyle di Krieger ed è identico a tutti gli assoli di Roadhouse Blues giocati nelle sessioni precedenti il giorno precedente il 5 novembre 1969. Le interviste successive con membri di The Doors e Rothchild lo confermano.
La canzone completa è stata completamente composta e provata prima che Lonnie Mack fosse stata invitata a suonare il basso su "Roadhouse Blues" e "Maggie M'Gill" (Ray Napoletano, bassista regolare durante le sessioni del Morrison Hotel, non poteva arrivare in tempo quel giorno a causa di Un ingorgo). [8] Mack aveva smesso di fare tournée e all'epoca lavorava per la Elektra Records , ma tornò alla musica dopo aver suonato il basso durante la sessione. [9]
Alice Cooper ha affermato di essere stata l'ispirazione per la linea "Mi sono svegliato stamattina e mi sono fatto una birra", come dichiarato nel suo spettacolo mattutino su Planet Rock . [10]
Una versione live apparirà in seguito sull'album postumo An American Prayer e la stessa versione di nuovo in In Concert e Greatest Hits . Durante questa versione, Jim Morrison parla per un po 'di tempo con un membro del pubblico femminile del suo segno zodiacale e, con un'improvvisa, ironica svolta che fa scoppiare il pubblico a ridere, denuncia le sue convinzioni. La canzone è stata anche messa in evidenza due volte nel film The Doors ; la versione in studio del film e la versione live sopra citata sopra i titoli di coda.
Personale
- Jim Morrison - voce
- Robby Krieger - chitarra
- Ray Manzarek - piano
- John Densmore - batteria
- Lonnie Mack - basso
- John Sebastian - armonica
Versione Status Quo
"Roadhouse Blues" | |
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Singolo promozionale di Status Quo | |
dall'album Piledriver | |
Rilasciato | 1972 |
Genere | Hard rock |
Lunghezza | 7 : 26 |
Etichetta | Vertigine |
Compositore (s) | Le porte |
Lyricist (s) | Jim Morrison |
Status Quo ascoltò per la prima volta la canzone poco dopo l'uscita durante un tour a Bielefeld , in Germania , nel 1970. [11] Stavano cercando un cambio di direzione lontano dal loro stile pop psichedelico originale, e non erano sicuri su cosa fare, ma dopo aver sentito i Doors 'versione della canzone in un club, hanno apprezzato il suo shuffle di 12 battute e hanno pensato che sarebbe stato un buon modello per le canzoni future. [12] Il gruppo ha registrato una versione in studio dell'album Piledriver del 1972, con il bassista Alan Lancaster alla voce principale e con un verso in più con armonie in tre parti, che la registrazione dei Doors non aveva. [11] I testi erano diversi dall'originale, ad esempio cantando "Dovrei averti fatto" invece di "Ashen lady". [13] Il brano è stato rilasciato come singolo promozionale, con " Children of the Grave " dei Black Sabbath sul lato B. [11]
La canzone è stata una caratteristica regolare della scaletta live di Quo per tutti gli anni '70, eseguita verso la fine dello spettacolo. È stato esteso per consentire una jam session nel mezzo, con frammenti di altre canzoni tra cui la tradizionale " The Irish Washerwoman " e " Shakin 'All Over " [14] [15] con una versione di 14 minuti come traccia finale del 1977 Dal vivo [16] Nel 1992, l'album dal vivo Live Alive Quo includeva Roadhouse Medley , che mescolava altre canzoni al riff principale di Roadhouse Blues. [17]
Roadhouse Blues è stato rianimato per i tour "Frantic Four" nel 2013. [18] Nel 2014, una ristampa deluxe di Piledriver includeva una versione live di 15 minuti, registrata nel 1973. [19]
Personale
- Alan Lancaster - voce principale, basso
- Francis Rossi - chitarra solista, cori
- Rick Parfitt - chitarra ritmica, cori
- John Coghlan - batteria
- Bob Young - armonica
- Jimmy Horowitz - piano
Altre versioni
Altri artisti che hanno registrato cover includono Deep Purple , Lana Del Rey , Bon Jovi , The Cult , Status Quo , Mahogany Rush , Ministry , Frankie Goes to Hollywood , Los Lonely Boys . Le copertine dal vivo sono state pubblicate da Meat Loaf , Imperiet , Eric Burdon , Eppu Normaali e Creed .Blue Öyster Cult ha eseguito la canzone nel loro album Extraterrestrial Live , con Robby Krieger che si unisce alla band. [20]
La Jeff Healey Band suona la canzone nel film Road House .
La canzone è stata suonata dai sopravvissuti Doors e Eddie Vedder al Rock and Roll Hall of Fame di The Doors nel 1993. Inoltre, nel 2001 è stata registrata una registrazione bootleg di questa canzone eseguita da Vedder e altri.
Remix
Il metodo Crystal ha fatto un remix di "Roadhouse Blues". Può essere trovato sui loro album Community Service II e Drive: Nike + Original Run . È stato anche presente nel breve show TV di Drive . [21] Nel 2010, è stato usato come canzone promozionale per la terza stagione di FX 's Sons of Anarchy .
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