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10/02/2020

PISTOIA COUNTRY DANCER

 

Ho già avuto modo di pubblicare una playlist su di loro (vedere link). Riecco a voi i PISTOIA COUNTRY DANCER.

Danza : SWING (miei video)


istitutoitalianoarteedanza.it

E l'America cominciò a ballare. La storia dello Swing

Il termine “swing” significa letteralmente “oscillare” o “dondolare”. Si tratta di un’espressione che è diventata indicativa di un genere musicale unico e rappresentativo di un’intera epoca. Siamo negli Stati Uniti, patria del jazz, dove già da qualche tempo erano attive le cosiddette big band sia in ambiente newyorkese che a New Orleans. Alla fine degli anni ’20 cominciò invece a farsi strada un nuovo modo di concepire la sessione ritmica e l’esecuzione delle note all’interno dei brani che divennero particolarmente movimentati, dinamici, ed eseguiti in un mood che potrebbe appunto essere definito sincopato e “oscillante” come appunto indicato dal verbo “to swing”.

Storicamente questo fenomeno culturale è il prodotto di una serie di cambiamenti verificatisi all’interno della società americana in età contemporanea. Dopo il periodo del proibizionismo, cominciò a diffondersi un forte bisogno di innovazione anche sotto il profilo musicale e nel campo dell’intrattenimento. Così, tra gli anni ‘30 e ‘40 il genere promosso dalle big band che eseguivano composizioni swing divenne popolarissimo.
Il termine big band fa riferimento proprio al fatto che queste formazioni comprendevano una serie di strumenti a fiato più pianoforte, contrabbasso, batteria e chitarra. Si esibivano prevalentemente nelle sale di ballo, e grazie ai progressi tecnici del periodo, iniziarono anche a realizzare delle registrazioni, con supporto di case discografiche.

swing dance


Con la crisi economica della fine degli anni ‘20, lo swing, accanto a tutto il settore dell’intrattenimento, subì dunque un duro contraccolpo. I musicisti cercarono allora di trasferirsi in Europa alla ricerca di condizioni più favorevoli oppure resero la loro musica più orecchiabile, ballabile e popolare. Da questo momento le grandi orchestre swing ebbero così un grande successo raggiungendo fette di pubblico più vasto e non a caso in riferimento a questi anni, e dunque al periodo che va dagli anni ‘30 ai ‘40, si parla di Era dello Swing. Molti dei protagonisti di questi sviluppi erano musicisti bianchi.

Dunque il jazz, pur essendo un fenomeno nato all’interno delle comunità afroamericane nel Sud degli Stati Uniti agli inizi del Novecento, si arricchisce anche dell’apporto di musicisti bianchi alimentando sperimentazioni originali. Il jazz è ancora oggi un genere vitale e dinamico e per sua a natura sempre in evoluzione. Tra i nomi più importanti che diedero il proprio contributo allo sviluppo del genere si annoverano Duke Ellington, Count Baisie, Benny Goodman detto anche il Re dello Swing, Glenn Miller, Harry James. Lo swing ebbe come centri di sperimentazione due città importanti come New York e Kansas City.

Una curiosità legata all’origine del termine è legata a una canzone famosa di Duke Ellington del 1932: It don’t mean a thing if it ain’t got that swing (Non significa nulla se non ha swing). In questo brano sembra che il termine sia stato utilizzato per la prima volta in un contesto prettamente musicale. Dunque, lo swing è anche un’attitudine, un modo di eseguire ritmicamente il brano. Non a caso “avere swing” significa proprio avere questa predisposizione a eseguire il brano in una certa modalità.

Si parlava di come ballare lo swing. A tal proposito esistono diverse danze collegate allo sviluppo dello swing. Tra queste il cosiddetto Lindy Hop è uno degli stili più noti. Si balla generalmente in coppia ma può comprendere passi che vanno eseguiti da soli chiamati solo steps. Questo linguaggio che affonda le sue radici nei cosiddetti Charleston e nel Collegiate, ovvero da alcune social dance, è collegato anche al Boogie Woogie e al Rock and Roll che si sviluppano successivamente. Attorno al 1927, un ballerino di nome George Shorty Snowden di Harlem cominciò a ballare in questo modo particolare dando vita a un vero e proprio fenomeno di massa. Successivamente negli anni ’30 si fece strada un altro ballerino di Lindy Hop chiamato Frankie Manning, il quale integrò allo stile dei movimenti acrobatici definiti Air Step. Non a caso il termine “hop” significa proprio “balzo”, “salto”. La leggenda racconta che il nome del genere di danza è legato proprio al fatto che Shorty Snowden eseguì i suoi passi durante una maratona di ballo che celebrava la trasvolata sull’Atlantico dell’aviatore Charles Lindebergh, che era detto appunto Lindy.

Danza Hip Pop - Freestyle (Mysterium video)


nonsolocultura.studenti.it

Non solo Cultura | Storia della danza hip pop





Il mondo della danza è molto vasto e pieno di contaminazioni. Al giorno d'oggi è possibile individuare tantissimi stili oltre alla tradizionale danza classica: abbiamo infatti la danza moderna, la danza contemporanea, la danza latina, e da alcuni decenni anche la danza hip pop. Si tratta di uno stile oggi particolarmente in voga, che appassiona migliaia di persone, soprattutto tra i giovani. Nella seguente guida vediamo la sua evoluzione e la sua storia.


Le origini dell'hip pop

L'hip pop è un insieme di stili e di contaminazioni le cui origini affondano nella cultura afroamericana, nella danza brasiliana e anche nelle arti marziali. Esso nasce alla fine degli anni Sessanta nel quartiere del Bronx a New York come danza prettamente di strada, dove i primi Dj facevano ballare i giovani alle feste proponendo un ritmo serrato sul quale ballare liberamente dando vita a quelli che poi diventeranno i raduni del cosiddetto free style.


I quattro elementi fondamentali della cultura hip pop

Gli elementi fondamentali della cultura hip pop sono quattro: l'Mc, ovvero colui che rappa; il Dj, colui che crea le basi facendo mixaggi e scratch; l'Aerosol Art, ossia l'arte del disegno con le bombolette; i breaker, cioè coloro che ballano. La cultura hip pop può essere divisa in due fasi: Old School e New School.


L'Old School della danza hip pop

Quella che viene definita Old School della danza hip pop si evolve negli anni Settanta e Ottanta e vede una corposa evoluzione della breakdance, che ne diventerà il simbolo. I breaker, detti anche street dancer, si esibiscono in strada o sui marciapiedi in passi liberi. Essa nasce come alternativa alle risse per le bande dei ghetti che, in questo modo, spostano la loro rivalità sulla danza cercando di dar vita a uno spettacolo quanto più possibile affascinante e spettacolare. Nella cultura africana la capacità di saper creare un bello spettacolo in musica era fondamentale per i giovani che volevano entrare a far parte delle tribù degli adulti.


La New School della danza hip hop

L'avvento della seconda generazione di hip pop è detta New School e ha inizio verso la fine degli anni Ottanta. Da allora in poi l'attenzione non è più sulla sfida e sulla competizione, ma ci si concentra maggiormente sul cosiddetto flavour, ovvero l'atteggiamento e la qualità di movimento con cui si eseguono i passi inglobando nuovi stili provenienti dalla West Coast, come il Locking e il Popping. Attraverso la musica, quindi, si esprime un atteggiamento, che per gli appassionati del genere si traduce anche in uno stile di vita e in un modo di pensare, oltre che a un tipo di abbigliamento che li rende riconoscibili dal resto della comunità. 

18/02/2017

Italia e Giappone : due nazioni amiche




Miei video per i festeggiamenti del 150 anniversario dei rapporti diplomatici e di amicizia tra Italia e Giappone. Nonostante la totale differenza di cultura, lingua, modo di vivere e nonostante le due nazioni si trovino quasi agli estremi del pianeta in fatto di distanza geografica, c'è sempre stato del feeling tra i due popoli.

Primo video : Danza che usavano le Geishe.

Secondo video : Danza popolare mista con brani di Morricone, molto conosciuto anche in Giappone per celebrare l'anniversario.

NB : Ho bevuto il famoso Sake. Niente male.

Ho sempre ammirato il coraggio di questo popolo ed ho scritto anche un articolo in Historia sui Kamikaze (vedere link).












it.emb-japan.go.jp

150 Anniversario dei rapporti Diplomatici fra Giappone e Italia

Italia-Giappone: 150 anni di amicizia costante



Noemi Lanna (Professore associato di Storia e istituzioni del Giappone,
Università degli studi di Napoli “L’Orientale”)


Il 25 agosto 1866 Italia e Giappone firmavano il Trattato di amicizia e di commercio che auspicava “pace perpetua ed amicizia costante tra Sua maestà il Re d’Italia e Sua maestà il Taicoun, i loro eredi e successori” e tra i rispettivi popoli, “senza eccezione di luogo o persona”. L’augurio, formulato nel primo articolo dell’accordo, è diventato realtà: nei 150 anni trascorsi dalla firma del trattato, le relazioni tra Italia e Giappone sono state costantemente amichevoli.

Nel periodo successivo all’apertura delle relazioni ufficiali, varie circostanze contribuirono a determinare una significativa convergenza di interessi tra i due paesi. Innanzitutto, Italia e Giappone erano uniti da complementari esigenze commerciali. L’Italia, per la quale la sericoltura costituiva una fondamentale attività economica, era alle prese dal 1854 con una perniciosa infezione che aveva colpito quasi tutte le aree sericole della penisola. 

Questa epidemia, diffusa anche nel resto d’Europa, spinse gli imprenditori italiani a guardare con interesse al mercato delle uova di baco da seta giapponese. Per il Giappone, d’altro canto, la domanda italiana costituiva un’importante fonte di rendita: si calcola che tra la fine del periodo Tokugawa (1603-1868) e l’inizio del periodo Meiji (1868-1912) l’Italia sia arrivata ad assorbire fino ad un quinto delle esportazioni giapponesi. Oltre che da fattori commerciali, la cordiale intesa tra i due popoli era favorita anche dall’aura di simpatia creata intorno all’Italia dal Risorgimento. Agli occhi dei giapponesi, l’esperienza risorgimentale italiana appariva molto simile alle vicende che, pressappoco negli stessi anni, avevano causato la fine dello shogunato e la Restaurazione Meiji (1868).

Con queste premesse, non stupisce che, nel 1881, il vascello italiano Vettor Pisani sia stata la prima imbarcazione straniera a ricevere l’onore di una visita dell’Imperatore giapponese. Del resto, l’ottimo stato delle relazioni bilaterali era stato confermato anche otto anni prima, in occasione della visita in Italia della missione Iwakura (1871-3). La missione diplomatica, salpata dal Giappone alla volta degli Stati Uniti e dell’Europa, aveva il duplice scopo di presentare le credenziali del nuovo governo giapponese agli stati visitati e di far acquisire al Giappone conoscenze dirette sulle loro istituzioni politiche, economiche e giuridiche. In Italia, la delegazione giapponese si fermò dal 9 maggio al 3 giugno 1873, visitando varie città. Nel 1888, fu istituita la Società italo-giapponese (Nichi-I gakkai) che grande impulso avrebbe dato alla reciproca conoscenza della cultura dei due paesi.

La Prima guerra mondiale vide Italia e Giappone schierati al fianco delle potenze della Triplice intesa (Francia, Gran Bretagna, Russia). Anche dopo la firma del trattato di pace, le strade dei due paesi non si separarono. Nel clima fortemente impregnato di idealismo dell’immediato dopoguerra, Roma e Tokyo diventarono sempre più vicine: sul piano simbolico, in seguito alla visita in Italia del futuro imperatore Hirohito, avvenuta nel 1920; sul piano materiale, grazie al primo volo Roma-Tōkyō, effettuato nello stesso anno da due piloti italiani. Purtroppo, i due paesi finirono col condividere anche il nefasto processo che portò alla crisi della democrazia liberale e all’espansionismo militaristico, come testimoniato dal Patto anti-Komintern (1937) e dal Patto tripartito (1940).

Il 1945 segnò un nuovo inizio per Giappone ed Italia. Ancora una volta, le scelte dei due paesi si incrociarono. La neo-nata Repubblica italiana fondò la sua esistenza sui valori democratici dell’antifascismo, della Resistenza e del ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali. Il Giappone fece della democrazia e del pacifismo le basi della sua rinascita. Complessivamente, gli anni della Guerra fredda sono stati un periodo molto proficuo per i due paesi: il dialogo politico si è sviluppato ai più alti livelli e il volume degli scambi commerciali è progressivamente aumentato. Le iniziative in ambito culturale si sono intensificate, grazie alla preziosa attività dell’Istituto giapponese di cultura (inaugurato a Roma nel 1962) e del ricostituito Istituto italiano di cultura (riaperto a Tokyo nel 1959). Inoltre, l’erogazione di numerose borse di studio ha consentito a generazioni di giovani studiosi dei due paesi di venire in contatto, creando una vera e propria comunità accademica transcontinentale.

Vari fattori hanno contribuito a perpetuare l’amicizia e la pace tra i due paesi. In primo luogo, va ricordato che la firma del Trattato di amicizia e commercio (1866) non fu preceduta soltanto dalle già menzionate missioni commerciali dei setaioli italiani, ma anche da reiterati e significativi contatti tra i due paesi, le cui origini risalgono al sedicesimo secolo. Proprio quest’anno, si è celebrato il quattrocentesimo anniversario dell’arrivo a Roma della missione guidata dal giapponese Hasekura Tsunenaga, partita da Sendai nel 1613. Come è stato meticolosamente documentato dai contributi contenuti nei volumi Italia-Giappone 450 anni (curati dal Professor Adolfo Tamburello) ai quali si rinvia per approfondimenti, quella tra Italia e Giappone è una relazione di lunga durata, che ha toccato vari aspetti della vita politica, economica e culturale dei due paesi.

In secondo luogo, il contesto internazionale all’interno del quale si sono sviluppati i rapporti tra Giappone ed Italia ha inciso positivamente sulla relazione bilaterale. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo, quando fu concluso il Trattato di amicizia e commercio, Italia e Giappone erano due late-comer, cioè due paesi che avevano intrapreso i loro rispettivi processi di modernizzazione in ritardo rispetto alle grandi potenze che all’epoca dominavano il sistema internazionale. Per questo motivo, Roma e Tokyo dovettero misurarsi con gli stessi vincoli sistemici e perseguirono gli stessi obiettivi, cioè la ricerca del prestigio e del riconoscimento all’interno dell’arena internazionale. Allo stesso modo, dopo il 1945, quando il sistema internazionale assunse una struttura bipolare, Giappone e Italia si trovarono nuovamente a dover rispondere a sfide analoghe. 

Nel mondo rigidamente diviso in blocchi, la priorità divenne garantire la sicurezza del proprio territorio, senza pregiudicare la possibilità di una rapida ripresa del sistema economico, fortemente danneggiato dalla guerra. Anche in questo caso, i due paesi operarono scelte simili: optando per un allineamento (bandwagoning) con gli Stati Uniti, riuscirono a massimizzare i vantaggi della loro peculiare collocazione geografica e ad assicurare pace e prosperità alle loro popolazioni. Ancora oggi, Giappone e Italia continuano a camminare fianco a fianco, forti dei profondi legami che le uniscono.

N.B. Il contenuto del presente testo non rispecchia le opinioni del governo.

SITO DELL'AMBASCIATA GIAPPONESE

05/02/2017

14/2/15 †

Due anni tra poco sono passati. Sembra sia successo ieri. Video da me realizzato sulla colonna sonora di Schindler's List che ho scelto per sempre come ricordo.

MYSTERIUM










Lieve è il dolore che parla. Il grande dolore è muto. (Seneca)


Tutti gli uomini sanno dare consigli e conforto al dolore che non provano.
(William Shakespeare)



Quando una disgrazia è accaduta e non si può più mutare, non ci si dovrebbe permettere neanche il pensiero che le cose potevano andare diversamente o addirittura essere evitate: esso infatti aumenta il dolore fino a renderlo intollerabile.
(Arthur Schopenhauer)

04/04/2016

The Show Must Go On (Queen) in ginnastica ritmica


 

Il celebre brano dei Queen interpretato tramite la ginnastica ritmica (MIO VIDEO DAL MIO CANALE YOUTUBE).

Lo spettacolo della vita deve continuare...che brutto spettacolo...

 

MYSTERIUM 


 

 

 

 

 


The Show Must Go On (Queen)

The Show Must Go On è un brano della rock band inglese Queen, dodicesima e ultima traccia dell'album Innuendo del 1991. Fu pubblicata come singolo nel Regno Unito il 14 ottobre 1991 in promozione del disco Greatest Hits II, appena sei settimane prima che Freddie Mercury morisse. È una delle poche hit del repertorio dei Queen che raggiunse al momento dell'uscita una posizione più elevata negli Stati Uniti (#2) che nel Regno Unito (#16).

Inizialmente si è pensato che questo brano fosse un testamento di Freddie Mercury e che parlasse del suo stato d'animo prima di morire, invece è una poesia triste e struggente nata dalla penna di Brian May[5]. Il risultato finale è comunque frutto della collaborazione di tutti i membri del gruppo. La successione di accordi dell'introduzione (che si ripetono per quasi tutto il brano) è infatti opera di John Deacon, mentre Mercury e Roger Taylor contribuirono alla stesura del testo.

Nelle prime versioni demo della canzone diverse tonalità vocali sono in falsetto, perché troppo alte. Per questi motivi, inizialmente May nutriva alcuni dubbi sul fatto che Mercury potesse cantarla, a causa dell'AIDS. Con sorpresa dello stesso May, quando venne il momento di registrare le parti vocali, Mercury disse: "Cazzo se lo farò!", e interpretò il brano senza problemi (il tutto dopo aver bevuto un bicchiere di Vodka)[6].

« The Show Must Go On è venuta fuori dalla riproduzione di una sequenza effettuata da Roger e Deacon, con me che iniziai a lavorarci sopra. All'inizio, si trattava solo di vari accordi messi assieme, ma sentivo dentro di me che sarebbe potuta diventare qualcosa di importante. Ne iniziai a parlare anche con Freddie e, dopo esserci seduti insieme, decidemmo il tema del brano e scrivemmo i primi versi. Ho sempre pensato che sarebbe stato importante farla perché avevamo a che fare con cose che erano difficile da discutere, in quel momento. Ma nel mondo della musica, tutto si può fare. »

 

Un uomo che soffre si accorge della lacerante contraddizione in cui un certo sistema di vita e di falsi rapporti umani ci costringe a vivere: da una parte l'io con la sua sofferenza, le sue domande, il suo desiderio di verità, di salvezza, di rapporti umani veri; dall'altra un mondo indifferente che esige continuamente che questo io, se vuole essere accettato, censuri ciò che è per mostrare un sorriso anonimo e permettere così allo "spettacolo" consueto di andare avanti.

È una incomunicabilità che nasce proprio dal disimpegno con le questioni fondamentali che emergono nell'esperienza di ciascun uomo; il dialogo diventa così superficialità, distrazione, chiacchiera inutile, incapacità a comunicare, aridità.

E l'incomunicabilità esaspera la solitudine personale e le dà un rilievo esterno, per cui essa diventa "clima sociale esasperante, volto tristemente caratteristico della società di oggi" (Il senso religioso, p. 116; cfr anche le pp. 114-118).

Lo esprimono benissimo Pavese, Cudakov (un poeta russo clandestino negli anni del comunismo) e R. M. Rilke:

"Tutti lo cercano uno che scrive, tutti gli vogliono parlare, tutti vogliono poter dire domani "so come sei fatto", e servirsene, ma nessuno gli fa credito di un giorno di simpatia totale, da uomo a uomo" (Cesare Pavese, Il compagno, cit. in Il senso religioso, p. 116).

"Quando gridano
'Un uomo in mare!'
il transatlantico grande come una casa,
si ferma all'improvviso
e l'uomo
lo pescano con le funi.
Ma quando
fuori bordo è l'anima dell'uomo,
quand'egli affoga
dall'orrore
e dalla disperazione
nemmeno la sua propria casa
si ferma
ma s'allontana" (Cudakov, cit. in Il senso religioso, p. 117).
 

"Tutto cospira a tacere di noi,
un po' come si tace
un'onta, forse, un po' come si tace
una speranza ineffabile" (R. M. Rilke, cit. in Il senso religioso, p. 66). 

http://www.culturacattolica.it/default.asp?id=142&id_n=5003

 

The Show Must Go On

Testo della canzone (lingua originale)

Empty spaces - what are we living for
Abandoned places - I guess we know the score
On and on, does anybody know what we are looking for...
Another hero, another mindless crime
Behind the curtain, in the pantomime
Hold the line, does anybody want to take it anymore
The show must go on
The show must go on, yeah
Inside my heart is breaking
My make-up may be flaking
But my smile still stays on

Whatever happens, I'll leave it all to chance
Another heartache, another failed romance
On and on, does anybody know what we are living for ?
I guess I'm learning (I'm learning learning learning)
I must be warmer now
I'll soon be turning (turning turning turning)
Round the corner now
Outside the dawn is breaking
But inside in the dark I'm aching to be free
The show must go on
The show must go on, yeah yeah
Ooh, inside my heart is breaking
My make-up may be flaking
But my smile still stays on

Yeah yeah, whoa wo oh oh

My soul is painted like the wings of butterflies
Fairytales of yesterday will grow but never die
I can fly - my friends
The show must go on (go on, go on, go on) yeah yeah
The show must go on (go on, go on, go on)
I'll face it with a grin
I'm never giving in
On - with the show

Ooh, I'll top the bill, I'll overkill
I have to find the will to carry on
On with the show
On with the show
The show - the show must go on
Go on, go on, go on, go on, go on
Go on, go on, go on, go on, go on
Go on, go on, go on, go on, go on
Go on, go on, go on, go on, go on
Go on, go on

 TRADUZIONE :

Lo Spettacolo Deve Andare Avanti 

Spazi vuoti – per cosa stiamo vivendo?
luoghi abbandonati – suppongo che noi cono-sciamo il risultato
Senza sosta, qualcuno sa cosa stiamo cercando?
Un altro eroe, un altro stupido reato
Dietro la tenda, nella commedia (farsa)
Resta in linea, qualcuno lo vuole ancora?

Lo spettacolo deve andare avanti, 

Lo spettacolo deve andare avanti,
Dentro, il mio cuore è rotto
Il mio trucco potrebbe scrostarsi
Ma il mio sorriso regge ancora.

Qualsiasi cosa succeda, lascerò tutto ciò per ri-schiare
Un altro mal di cuore, un’altra storia fallita
Senza sosta, qualcuno sa cosa stiamo cercando?
Suppongo di stare imparando, devo essere più caloroso ora
Presto sarò una svolta, gira l’angolo ora
Fuori, l’alba sta scoppiando
Ma dentro nel buio sto soffrendo per essere felice

Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo spettacolo deve andare avanti,
Dentro il mio cuore è rotto
Il mio trucco potrebbe scrostarsi
Ma il mio sorriso regge ancora.

La mia anima è colorata come le ali delle farfalle
Le fiabe di ieri invecchieranno, ma non mori-ranno mai
Posso volare- amici miei

Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo spettacolo deve andare avanti,
Lo affronterò con un sorriso
Non sto mai cedendo
Su – con lo spettacolo

Salderò il conto, esagererò
Devo trovare la volontà di andare avanti
Lo spettacolo deve andare avanti…