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25/09/2016

Cinema : Independence Day - Rigenerazione

Dopo l'attacco sferrato dagli alieni nel 1996, l'umanità ha sempre saputo che sarebbero tornati. Grazie all'utilizzo di tecnologia aliena, le nazioni della terra si sono unite nel creare un programma di protezione globale, ma nulla ci potrà preparare ad un attacco alieno senza precedenti. Solo la genialità di un piccolo gruppo di uomini e donne salverà il mondo dell’estinzione.

21/09/2016

Un mio sogno : l'isola di Montecristo


   
Da quando me ne sono interessato poterla visitare è stato un mio sogno. Chissà se mai si avvererà.

 

La tutela dell'isola spetta al Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano e al Corpo Forestale dello Stato la responsabilità della custodia.
E' stato imposto dal Consiglio d'Europa un limite massimo di 1000 visitatori, a seguito dell'attribuzione del Diploma Europeo per la conservazione dell'ambiente, scelti in base alle richieste pervenute privilegiando rappresentanze istituzionali, il mondo della ricerca, della cultura e dell'associazionismo impegnato nell'educazione ambientale. Dal 2008, grazie al Parco dell'Arcipelago Toscano, sono stati riservati 100 posti all'anno per adulti residenti nel Comune di Portoferraio (LI) in quanto territorio incluso nel perimetro comunale, ed altri posti per studenti di scuole di vario livello, sempre del Comune.
Sono possibili visite giornaliere dietro autorizzazione del Corpo Forestale dello Stato, Ufficio territoriale per la biodiversità di Follonica (GR) al numero 0566 40019. La lista di attesa è particolarmente lunga.
Le visite giornaliere che si svolgono per gruppi sono guidate, e consistono in due percorsi didattici, mantenuti in efficienza per i fini di educazione naturalistica. I percorsi sono molto impegnativi, considerando il dislivello che si deve affrontare, il sole a picco e la mancanza di vegetazione ad alto fusto, quindi di ombra per praticamente tutto il sentiero. 

Fonte :  http://www.infoelba.it/scoprire-elba/curiosita/visitare-lisola-di-montecristo/

 

Isola di Montecristo - Wikipedia

 



La spiaggia di Cala Maestra


Acque delle coste dell'isola


L'isola di Montecristo è situata nel Mar Tirreno e fa parte dell'Arcipelago Toscano. Amministrativamente è inclusa nel comune di Portoferraio e quindi nella provincia di Livorno. Costituisce una riserva naturale statale gestita dal Corpo forestale dello Stato e fa parte del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano.

Geografia

Montecristo si trova a sud dell'isola d'Elba, a ovest dell'isola del Giglio e del Monte Argentario, a sud-est dell'isola di Pianosa e a est dell'affiorante Scoglio d'Affrica, noto anche come Affrichella e Formica di Montecristo.
L'isola, originatasi dal sollevamento di un plutone sottomarino, è interamente montuosa con diverse sporgenze rocciose a picco sul mare ed è costituita quasi esclusivamente da granodiorite con grossi cristalli di ortoclasio. La sommità dell'isola di Montecristo, denominata Monte della Fortezza, è di 645 m.

Clima

Anche l'isola di Montecristo, come tutte le isole dell'arcipelago, presenta un clima mite, costantemente ventilato e molto soleggiato con scarsissime precipitazioni (valori medi annui nettamente inferiori ai 500 mm), caratterizzato da inverni mai troppo freddi ed estati con caldo moderato ma non afoso.

Nome

In età classica l'isola era chiamata Oglasa[1] (Ὠγλάσσα Ōglássa in greco), toponimo di origine preromana che in una trascrizione medievale è riportato Oclifa[2]. Durante il Medioevo il nome muta in Monte Christi[3], ossia «Monte di Cristo», verosimilmente a causa del forte contesto ecclesiale e monastico che caratterizzò l'isola a partire dal V secolo d.C., ed in particolare del Monastero di San Mamiliano.[4] Altre fonti riportano che in origine l'isola si sarebbe chiamata Monte di Giove[5] o Montegiove per la presunta esistenza di un tempio romano dedicato al dio Giove, e che solo in seguito alla presenza monastica avrebbe mutato il nome in Monte Cristo. Alcune ipotesi, tuttavia, oggi tendono a far derivare la denominazione Montegiove dal latino iugum («giogo montano»)[6], come documentato nella toponomastica della vicina isola d'Elba. In epoca successiva, Montecristo venne anche chiamata Isola di San Mamiliano[7] in riferimento al santo che vi condusse vita eremitica sino al 460.

La riserva naturale Isola di Montecristo

Oggi vivono stabilmente sull'isola, alternandosi ogni due settimane, due agenti del Corpo Forestale dello Stato. Una coppia di guardiani è tornata da pochi anni a presidiare l'isola, dopo un breve periodo di interruzione della presenza. La Riserva naturale statale Isola di Montecristo è una riserva biogenetica di 1.039 ettari[8] istituita nel 1971 con decreto ministeriale per tutelare la natura peculiare dell'isola. Oggi ricade nel Parco nazionale dell'Arcipelago Toscano. È stata insignita anche del Diploma europeo delle aree protette nel 1988[9] e riconosciuta come sito di interesse comunitario.[10]
  • non è possibile pernottare e sono vietate la pesca, la balneazione e la navigazione entro 1000 metri dalla costa.
  • entro 3 miglia è possibile transitare, ma non pescare.
  • eventuali accessi via mare possono avvenire solo a Cala Maestra, con fondale sabbioso, arrivando perpendicolarmente alla costa; esiste tuttavia un piccolo eliporto per le emergenze. Non si può utilizzare l'ancora ma è possibile l'attracco al gavitello o al molo.
  • per arrivare sull'isola è necessario ottenere un'autorizzazione dal Corpo Forestale di Follonica; il permesso può essere relativo all'accesso o alla visita.
Nel primo caso (accesso) si deve rimanere a Cala Maestra, e sarà possibile visitare solo la Villa Reale, l'orto botanico e il Museo. Il tempo di attesa per ottenere l'accesso è nell'ordine dei mesi. Per quanto riguarda la visita sono ammessi solo 1000 visitatori l'anno ed il tempo medio di attesa per l'autorizzazione è di 3 anni (viene data precedenza a spedizioni scientifiche, associazioni, scolaresche). Le visite guidate si svolgono solo entro i tre sentieri esistenti, tutti molto impegnativi.

Flora e fauna

Le condizioni che hanno impedito il popolamento di Montecristo hanno favorito la conservazione della flora e della fauna. In particolare, a Montecristo, vivono specie animali e vegetali un tempo diffuse in tutto il Mar Mediterraneo. Di particolare rilievo sono le formazioni di giganteschi esemplari di Erica arborea che coprono i fondovalle e alcuni lecci millenari che rimangono in vita alle quote più alte (Collo dei Lecci). Sull'isola, in un sito umido presso la Grotta del Santo, si ritrova anche la rara felce Osmunda regalis.[11] La vegetazione di Montecristo è severamente condizionata dal pascolo delle capre che non consente la rinnovazione se non di alcune specie. Dell'originaria lecceta rimangono circa 200 alberi antichi e decrepiti, i cui semi sono costante preda delle capre. Per consentirne la rinnovazione alcuni di essi sono stati recintati e questo ha consentito l'affermazione delle piantine, il cui futuro è legato alla tenuta dei recinti alla pressione delle capre. In altri recinti il Corpo forestale dello Stato ha piantato oltre 2000 piantine, generate da ghiande raccolte dai lecci secolari. L'opera di ricostituzione di habitat a Montecristo è continua. Sono state riprodotte alcune piantine dai rarissimi corbezzoli sfuggiti al morso delle capre, e vengono conservate nell'orto botanico.
Interessante la presenza della vipera meridionale (Vipera aspis ssp. hugyi) ed il discoglosso sardo (un anfibio presente solo in un paio di isole toscane e in Sardegna). In particolare, la sottospecie di vipera presente a Montecristo si trova al di fuori del proprio areale e non è frutto di pura fantasia l'ipotesi che la sua introduzione sul territorio isolano sia dovuta a qualche imbarcazione; basti ricordare che era usanza cartaginese quella di lanciare vipere sulle navi del nemico durante le battaglie[12]. Una recente teoria la vorrebbe invece introdotta dai monaci a scopo farmaceutico, a partire dall'area palermitana. L'isola è, inoltre, luogo di sosta per migliaia di uccelli migratori ed ospita importanti colonie di uccelli marini (di particolare rilievo la berta minore). Montecristo ospita infine l'unica popolazione superstite italiana di capra selvatica, ancorché immessa anticamente dall'uomo, così come un centinaio di coppie di coturnice orientale (Alectoris chukar), specie originaria dell'Egeo e del Medio Oriente, introdotta scopo venatorio intorno al 1960.
L'ambiente marino è piuttosto ricco: vi sono praterie di posidonia, anemoni marini, gorgonie, coralli, il pesce luna e, fino alla fine degli anni settanta, erano presenti le foche monache, specie ormai rarissima nelle acque italiane.[13]

La capra di Montecristo

L'antica presenza della Capra aegagrus nell'Arcipelago Toscano è documentata nella toponomastica latina e greca di alcune sue isole, come Capraria (Isola di Capraia) e Aigylion (Isola del Giglio). L'esistenza della capra selvatica a Montecristo è testimoniata almeno dalla seconda metà del XVI secolo («...vi sono quantità di capre piccine di pelo raso...»).[14]



Capra di Montecristo


La Capra aegagrus è diffusa soprattutto in Asia minore e Medio Oriente, ma sono presenti delle popolazioni anche in alcune isole dell'Egeo e a Creta, derivanti da antiche immissioni operate dall'uomo quando la specie era ancora nelle prime fasi di domesticazione.
A Montecristo la Capra aegagrus vive allo stato selvatico, in piccoli branchi che cambiano composizione e numero nei vari periodi dell'anno. Le corna sono ricurve, con la superficie anteriore compressa lateralmente in modo da formare una carena affilata. I maschi adulti presentano mantello bruno chiaro, spesso con riga mulina nera che continua sulle spalle e sulla parte ventrale degli arti; le femmine hanno invece mantello bruno chiaro uniforme.[13]
La capra di Montecristo, oggi rappresentata da oltre 200 esemplari viventi in completa selvaticità, non è da considerare un elemento naturale della fauna isolana ed è causa di notevole impatto sulla vegetazione autoctona. L'antichità del popolamento è peraltro tale da conferire allo stock presente un notevole valore storico-culturale. La tutela delle locali capre rappresentò inoltre una forte motivazione all'epoca dell'istituzione della riserva naturale, quando l'isola venne strappata alla speculazione. La specie riveste pertanto un ruolo emblematico a livello delle politiche di conservazione dell'isola. Al fine di garantire la salvaguardia della specie anche fuori dal contesto isolano, nel dicembre 2012 il Bioparco di Roma ha predisposto un recinto di 1000 m² per ospitare cinque esemplari fondatori, in caso di eventuali necessità di futuri ripopolamenti.[15]

Endemismi

Vegetali:
Invertebrati:
Vertebrati:

Storia

Età preistorica[modifica | modifica wikitesto]

Al Neolitico antico (VI-V millennio a.C.) risalgono alcuni frammenti di vasellame in ceramica ad impasto, tra cui uno con decorazione impressa cardiale. Nel 1875 Gaetano Chierici rinvenne «...tre schegge di selce dinanzi alla chiesa del convento, alla profondità di un m. in mezzo a terreno sciolto e misto a carboni.»[16]

Età classica

Nelle acque di Cala del Diavolo (profondità di 60 metri) giace il relitto di una nave oneraria campana[17] naufragata durante prima metà del III secolo a.C. Al largo di Cala Maestra (profondità di 75 m) è localizzato un altro relitto di oneraria (II secolo d.C.) con un carico di anfore vinarie di forma Pelichet 47 proveniente dalla Francia meridionale. Tracce di frequentazione dell'isola in età romana e tardoromana sono presenti nella Cala di Santa Maria (nel 2012 vi è stato rinvenuto un calice vitreo frammentario di forma Isings 111, insieme a frammenti di anfore di Empoli) e a Cala Maestra; da quest'ultima località, in cui Gaetano Chierici rinvenne «qualche frammento di stoviglie romane, intorno al porto e nella valletta», provengono scorie di riduzione del ferro. A questo proposito scrisse Giuseppe Giuli nel 1833: «Alla distanza d'un terzo di miglio dal lido del mare in questa stessa valle vi sono dei cumuli di scorie di ferro, e siccome non si trova nell'isola la miniera di questo metallo, è da credersi che in altri tempi fosse portata dall'Elba per ridurla allo stato metallico.» [18] Sull'isola, secondo alcune ipotesi - avvalorate dal ritrovamento di un frammento di pavimentazione in opus signinum - si trovava una domus maritima.

Età medievale e post-rinascimentale

La storia documentata di Montecristo comincia con la fondazione del Monastero di San Mamiliano edificato, secondo una tradizione già attestata nel Medioevo[19], sui resti di un ipotetico tempio romano dedicato al dio Giove. Nel Monastero sarebbe stato custodito un leggendario Tesoro frutto di donazioni ecclesiastiche; alla stessa epoca risale una cappella absidata costruita all'interno della Grotta di San Mamiliano, dove visse il santo nel V secolo. Le prime due grandi devastazioni subite dal Monastero furono dovute agli attacchi saraceni del 727 e del 1323. Dal 1399 passò sotto lo Stato di Piombino. Durante il 1534 «all'isola detta Montechristo soggiornava una compagnia di corsali[20] Nell'agosto 1553 Dragut, dirigendosi verso l'Isola d'Elba, espugnò il Monastero decretandone la fine. L'ultimo abate che resse il Monastero fu Federico De Bellis. Da quel momento l'isola di Montecristo rimase disabitata. Dal secolo XVI i sovrani piombinesi ricevettero vari solleciti da parte di molti Stati (su tutti, il Granducato di Toscana) affinché fortificassero l' isola, cacciandone i pirati e corsari che abitudinariamente la abitavano: un contenzioso destinato a rimanere irrisolto per secoli, con l' isola abbandonata al proprio destino.

Planimetria del Monastero


Al largo di Cala Maestra (profondità di 35 metri) si trova il relitto di un veliero militare del XVI secolo di cui furono clandestinamente recuperati, nel 1969, una colubrina in bronzo con un sacchetto contenente polvere pirica, palle di cannone, due bracciali in bronzo a tortiglione, una statuetta in ceramica a forma di leone stante, olle biansate in maiolica e coperchi in ceramica acroma.[21]

Età moderna

Nel 1814 Napoleone Bonaparte fece inviare nell'isola un presidio militare. Durante il luglio 1833 il geologo seneseGiuseppe Giuli esplorò l'isola e redasse una descrizione tecnica.[22] I primi tentativi di colonizzazione dell'isola, all'epoca di proprietà di Carlo Cambiagi, avvennero nell'ottobre 1839 da parte di due eremiti tedeschi, Augustin Eulhardt di Nordhausen e Joseph Keim di Reutlingen, che tuttavia, a causa di incompatibilità caratteriali, desistettero dopo poco tempo. Nel 1843 si succedettero altri personaggi: il ventiquattrenne religioso tirolese Francesco Adolfo Obermüller, al quale tuttavia il Granducato di Toscana non dette il permesso di ritirarsi sull'isola, e, dopo pochi mesi, il francese Charles Legrand assieme alla propria compagna, con l'intenzione di coltivare l'isola.
I due coniugi si stabilirono all'interno del Monastero, essendo ancora l'isola priva di costruzioni moderne, ma in seguito furono espulsi dal Governo toscano in quanto non riuscirono nella loro impresa agricola. Nell'aprile 1844 ci fu un altro tentativo di colonizzazione agricola da parte del francese Georges Guiboud, che si risolse con l'ennesimo insuccesso. Nel 1846 alcuni genovesi tentarono invano la stessa impresa, mentre nel gennaio 1849 il francese Jacques Abrial, imprenditore domiciliato a Livorno, prese in affitto l'isola riuscendo a renderla produttiva per tre anni e costruendo i primi edifici moderni di Montecristo. Il Governo granducale, nel 1849, inviò sull'isola un distaccamento del Battaglione Insulare; durante lo stesso anno, presso un promontorio della costa occidentale dell'isola - che in seguito a tale episodio fu chiamata Punta dei Fanciulli - vennero uccisi due bambini da dei predoni che avevano precedentemente assalito la tartana sarda Madonna delle Vigne salpata da Genova alla volta di Livorno, sulla quale i due piccoli si trovavano.[23]
Nel 1852 un inglese, George Watson Taylor, acquistò l'isola per 50.000 lire e trasformò Cala Maestra in una area verde con giardini terrazzati e specie arboree esotiche, tanto da essere soprannominato Conte di Montecristo.[24] A questo periodo risale la costruzione del caseggiato successivamente chiamato Villa Reale e l'immissione dell'ailanto, specie vegetale che sino ad oggi ha mutato l'assetto vegetazionale dell'isola. Nello stesso anno l'isola fu visitata dall'ingegnere cartografico Giovacchino Callai e dallo storico Vincenzo Mellini[23], che rilevarono e descrissero i ruderi degli edifici storici presenti a Montecristo. Nell'autunno del 1860 l'isola fu saccheggiata da alcuni esuli italiani residenti a Londra, politicamente ostili a George Watson Taylor, che, a bordo del piroscafo Orwell capitanato da Raffaele Settembrini, si stavano dirigendo nell'Italia Meridionale per arruolarsi con i garibaldini. Di fronte all'ingente somma di denaro richiesta da Watson Taylor in riparazione dei danni, il Governo ritenne più opportuno acquistare l'isola. Montecristo fu poi acquistata dal Governo italiano il 3 giugno 1869 per la somma di 100.000 lire dal proprietario Watson Taylor. Probabilmente a tale periodo risalivano alcune sepolture (circa otto) rinvenute a Cala Maestra durante lavori agricoli per la realizzazione di un vigneto.
Agli inizi del 1870 sull'isola arrivò l'eremita Davide Lazzaretti, che visse all'interno della Grotta di San Mamiliano. Dopo ulteriori tentativi di colonizzazione, nel novembre 1874 il Governo italiano vi insediò una colonia penale agricola con 45 detenuti e 5 guardie carcerarie, succursale di quella di Pianosa, che durò sino al 1884. Nel 1875 a Montecristo si recò il paleontologo Gaetano Chierici che scrisse un'accurata descrizione[25] storica ed archeologica dell'isola.
Successivamente, durante il 1889, il Demanio di Livorno concesse in affitto l'isola al marchese fiorentino Carlo Ginori Lisci, che trasformò Montecristo in una riserva di caccia personale; dei numerosi ospiti che si recavano a cacciare settimanalmente sull'isola, partendo da Livorno con lo yacht Urania di proprietà dello stesso marchese, fece parte il poeta Renato Fucini, il musicista Giacomo Puccini e Vittorio Emanuele III. Per avere rapidi collegamenti con Firenze, il marchese istituì a Montecristo un servizio di piccioni viaggiatori. Nel 1899 Carlo Ginori Lisci concesse ogni diritto sull'isola a Vittorio Emanuele III; l'isola divenne una riserva di caccia reale esclusiva per la famiglia Savoia, che vi introdusse mammiferi come cinghiali, mufloni e capre del Montenegro. Durante la seconda guerra mondiale, periodo in cui la Villa Reale fu spogliata di tutti gli arredi, a Montecristo fu installata una postazione militare italo-tedesca. Nel 1948, durante un'esercitazione militare, un bombardiere inglese precipitò sull'isola provocando la morte di tutti i sette occupanti.
Nel 1949 la Direzione generale del Demanio diede in concessione l'isola ad un consorzio di cooperative di pescatori e affini, la Consorpesca. I diritti di gestione furono poi acquistati dalla società romana Oglasa nel 1953. Nel 1970 la stessa società creò il Montecristo Sporting Club per utenza di elevata condizione sociale, sfruttando la caccia d'inverno e il turismo d'estate. Successivamente a un'intensa campagna giornalistica, l'isola venne sottratta alla speculazione e il 4 marzo 1971 Montecristo fu dichiarata Riserva Naturale dello Stato con un decreto emanato dai Ministeri della Marina mercantile, delle Finanze e dell'Agricoltura e Foreste. Nel 1977 la Riserva Naturale fu inclusa nella Rete europea delle Riserve Biogenetiche del Consiglio d'Europa. Con decreti del Ministero della Marina del 1979 e del 1981 è stata anche istituita, sulle acque che circondano l'isola, una zona di tutela biologica per un raggio di 500 metri[13], poi aumentato ad 1 km.

Il Tesoro di San Mamiliano

Risale al 2004 la scoperta di un tesoro di monete auree sotto l'altare della chiesa di San Mamiliano a Sovana, composto da 498 solidi in fior di zecca databili agli imperatori Leone I e Antemio, tra il 457 e il 474, quindi poco dopo la morte di Mamiliano. Leggende popolari e tradizioni orali ricordavano la presenza di un tesoro sotto l'altare del Monastero di San Mamiliano a Montecristo, leggende che poi vennero riscritte da Alexandre Dumas nel celebre romanzo del Conte di Montecristo. Almeno due documenti antichi citano la memoria di un tesoro sull'isola: nel 1549 il Granduca di Toscana Cosimo I vi sconsigliava di fare ricerche per la presenza di pirati, mentre una spedizione dalla Corsica nel 1670 scovò solo «...alcuni pignatti e vasi pieni di cenere...».[6] Non appare quindi come un caso che un tesoro si trovasse effettivamente nella chiesa di San Mamiliano, non però in quella di Montecristo ma a Sovana in provincia di Grosseto. Le monete sono state ordinate nel museo di Sovana, inaugurato il 28 luglio 2012.[26]

Monastero di San Mamiliano

I fuochi di Montecristo

L'antica usanza di accendere fuochi di segnalazione sulla vetta dell'isola, o nelle immediate vicinanze, è perdurata dal Medioevo sino a tempi relativamente recenti. In un testo del 1787 si legge che «...facendo fuoco Monte Cristo era segno di corsari barbareschi e di perdita di filuga[27] Nel 1875 Gaetano Chierici scrisse che «...per l'erta della costa che separa la Cala Maestra da quella di Santa Maria (...). S'accese l'alta catasta, che divampò rapidamente. Un istante dopo il chiarore d'una gran fiamma apparve di rimpetto: rispondevano al saluto quelli di Pianosa...».[28] Un'altra documentazione del 1877 riporta che «...nel caso in cui occorra domandare soccorso o, per altro imperioso bisogno, comunicare colla vicina Pianosa, sul far della notte vien acceso un gran fuoco sulle alture dell'isola...».[29] Sino ai primi decenni del XX secolo, i fuochi di Montecristo avevano una precisa classificazione: un fuoco corrispondeva a mancanza di viveri, due fuochi corrispondevano alla presenza di un ammalato, tre fuochi significavano il decesso di una persona. Altri fuochi venivano accesi presso le absidi delle chiese tirreniche per comunicare con il Monastero di San Mamiliano; tale uso si perpetuò simbolicamente in Corsica sino alla metà del XX secolo presso la chiesa di San Mamiliano a Moriani.[6]

La leggenda dell'acqua «maledetta»

Secondo la tradizione popolare, la limpida acqua che scorre stagionalmente nel Fosso del Diavolo (settore nordoccidentale dell'isola) procurerebbe la morte non immediata di chi la beve.[30]

Luoghi d'interesse

  • Grotta di San Mamiliano
  • Fortezza di Montecristo sulla vetta più elevata dell'isola (645 m)
  • Villa Reale
  • Museo di Storia naturale
  • Orto botanico
  • Mulino idraulico (ruderi) presso la Grotta di San Mamiliano
  • Chiesa di Santa Maria (ruderi) presso l'omonima Cala, localizzata il 6 agosto 2012 dall'architetto Silvestre Ferruzzi.[31] Vincenzo Mellini, nel 1852, la descrisse come «...un piccolo edifizio rettangolare, le cui pareti sono tutte di pietre scalpellate.»[32] Successivamente (1875) per Gaetano Chierici era un «...edificio diroccato (...), opera somigliante alle altre de' Camaldolesi...».

Persone legate a Montecristo

Curiosità

  • Su quest'isola è ambientata una parte del celebre romanzo Il conte di Montecristo, dello scrittore francese Alexandre Dumas. In particolare il protagonista vi trova il leggendario tesoro della famiglia Spada, con il quale realizza la sua formidabile vendetta.
  • Secondo alcuni studiosi, la scrittrice britannica Agatha Christie inizialmente voleva ambientare a Montecristo Dieci piccoli indiani, uno dei suoi romanzi più celebri. La scrittrice, poi, preferì ripiegare su un'anonima isoletta britannica.[33]
  • L'isola è stata, nel 1896, la meta del viaggio di nozze fra l'allora principe ereditario d'Italia Vittorio Emanuele e Elena del Montenegro.[34]
  • Nel 2009 l'Unione Europea finanziò un progetto con fondi del programma di finanziamento LIFE dal titolo Montecristo 2010 finalizzato alla lotta alle specie invasive alloctone. Il progetto prevedeva l'eradicazione del ratto nero, presente sull'isola da tempi storici, che minaccia gravemente la riproduzione degli uccelli marini nidificanti, e dell'ailanto, una pianta di origine orientale che si sostituisce alla vegetazione naturale, introdotta all'inizio del Novecento. Il progetto è terminato nel giugno del 2014.[35]
  • A gennaio 2012 è stata condotta l'operazione di eradicazione del ratto, mediante la distribuzione con elicottero di circa 14 tonnellate di esche contenenti rodenticida, secondo un piano contenuto nel progetto cofinanziato dall'Unione europea. Sulla scorta di denunce presentate da alcune associazioni protezionistiche, banalizzando e deformando la realtà, è stata data notizia che l'isola fosse improvvisamente invasa da ratti neri, quando invece erano presenti fino dall'antichità[36]. Il sistema prescelto per eradicare i ratti, cioè la distribuzione di esche avvelenate, ha scatenato le proteste degli animalisti, in particolare della LAV, preoccupati per la presenza nelle esche del brodifacoum, principio attivo ad alta persistenza ambientale[37]. L'opera di derattizzazione così effettuata sembra però aver dato esito positivo: da un sopralluogo effettuato sull'isola per verificare la situazione in seguito al lancio delle esche avvelenate non sono emerse situazioni critiche per l'ecosistema dell'isola, benché alcuni ambientalisti non si siano detti del tutto soddisfatti dal sopralluogo[38]. Ad agosto 2012 sono state avvistate circa 600 berte minori, che hanno potuto ripopolare i loro nidi grazie all'eradicazione del ratto nero, considerato causa del decremento e dell'estinzione della specie in quanto predatore delle uova e dei pulcini[39]. In realtà, in parallelo ai numerosi spunti polemici che hanno alimentato i media, l'intervento di derattizzazione è stato accuratamente monitorato dai tecnici del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano e dell'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ed ha costituito un esempio di corretta gestione ambientale di portata unica nel contesto mediterraneo. Esiste al riguardo un apposito e completo volume riassuntivo dei risultati conseguiti (Quaderni del Parco, Dcumenti Tecnici 2, Portoferraio 2014).

Note

  1. ^ Gaio Plinio Secondo, Naturalis Historia, III, 6,12
  2. ^ Riccobaldo da Ferrara, De locis Orbis, II, 16, XIII secolo
  3. ^ Archivio di Stato di Firenze, Bolla di papa Gelasio II, 1º ottobre 1118: «beati Mamiliani de Monte Christi monasterii».
  4. ^ Agostino Cesaretti, Istoria del Principato di Piombino, Firenze 1788: «Altri, mossi dal loro esempio, si rifugiarono nel medesimo luogo, di modo che in poco tempo, riuniti tutti insieme, furono in grado di fabbricare un Monastero, che intitolarono Monte Cristo, e così da quel tempo quest'isola si è chiamata Monte Cristo.»
  5. ^ Francesco Aprile, Della cronologia universale della Sicilia, Palermo 1725: «...approdarono ad un'isola, allora appellata Monte di Giove, oggi Monte di Cristo, soggetta al Gran Duca di Toscana.»
  6. ^ a b c Gloria Peria e Silvestre Ferruzzi, L'isola d'Elba e il culto di San Mamiliano, Portoferraio 2010.
  7. ^ Emanuele Repetti, Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana, Firenze 1839.
  8. ^ Fonte: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare Elenco ufficiale delle aree protette (EUAP) 5º Aggiornamento approvato con Delibera della Conferenza Stato Regioni del 24 luglio 2003 e pubblicato nel Supplemento ordinario n. 144 alla Gazzetta Ufficiale n. 205 del 4 settembre 2003.
  9. ^ Ministero dell`Ambiente - Le aree protette italiane insignite del Diploma
  10. ^ Fonte: SIRA. (URL consultato il 19 gennaio 2010)
  11. ^ Teodoro Coruel, Florula di Montecristo, Milano 1864.
  12. ^ Tesoro per pochi, in LinkArte.it, 23 settembre 2009. URL consultato il 12 giugno 2013.
  13. ^ a b c Marco Lambertini, Arcipelago Toscano e il Parco Nazionale, Pisa 2002.
  14. ^ Apollonio Pavolini, Relazione dell'Isola di Monte Cristo, Archivio Segreto Vaticano.
  15. ^ Al Bioparco le capre di montecristo, 5 dicembre 2012. URL consultato il 18 dicembre 2012. sito web Roma Capitale
  16. ^ Gaetano Chierici, Una visita all'isola di Monte Cristo, manoscritto presso la Biblioteca comunale Panizzi di Reggio Emilia.
  17. ^ Il carico, costituito da anfore greco-italiche e da coppe a vernice nera, è conservato presso il Museo archeologico di Portoferraio.
  18. ^ Giuseppe Giuli, in L'indicatore sanese e grossetano, X, 9 luglio 1833.
  19. ^ Annales Camaldulenses.
  20. ^ Jacopo Bonfadio, Gli annali di Genova, 1597.
  21. ^ Michelangelo Zecchini, L'archeologia nell'Arcipelago Toscano, 1971.
  22. ^ Giuseppe Giuli, in L'indicatore sanese e grossetano, XI, 16 luglio 1833.
  23. ^ a b Vincenzo Mellini, Isola di Monte Cristo, manoscritto, 1852.
  24. ^ Ersilio Michel, Tentativi di colonizzazione dell'isola di Montecristo, 1925
  25. ^ Manoscritto presso la Biblioteca comunale Panizzi di Reggio Emilia.
  26. ^ A Sovana inaugurazione del museo di San Mamiliano: conterrà il “tesoro di Montecristo”, 28 luglio 2012. URL consultato il 19 dicembre 2012.
  27. ^ Gazzetta Universale o sieno notizie istoriche, politiche, di scienza, arti, agricoltura, Firenze 1787.
  28. ^ Gaetano Chierici, op. cit.
  29. ^ Enrico D'Albertis, Crociera del Violante comandato dal capitano armatore E. D'Albertis durante l'anno 1876, Genova 1877.
  30. ^ Giovanni Pejrone, Una caccia autunnale nell'isola di Montecristo, Milano 1970.
  31. ^ Tenews, 8 agosto 2012
  32. ^ Vincenzo Mellini, Isola di Monte Cristo, manoscritto, Biblioteca Foresiana di Portoferraio, 1852.
  33. ^ Corriere della Sera, 1º agosto 2010.
  34. ^ Angelo Barbuscia, Commemorazione del 59º anniversario della scomparsa di S.M. la Regina Elena, 2011.
  35. ^ Montecristo 2010
  36. ^ I topi conquistano l'isola di montecristo, Il Corriere della Sera, 12 gennaio 2012. URL consultato il 17 dicembre 2012.
  37. ^ Montecristo , la derattizzazione «aerea» non piace ad ambientalisti e parlamentari, Il Corriere della Sera, 30 gennaio 2012. URL consultato il 17 dicembre 2012.
  38. ^ Isola di Montecristo, la guerra ai topi non ha lasciato segni, Il Tirreno, 3 marzo 2012. URL consultato il 17 dicembre 2012.
  39. ^ Montecristo, 600 berte minori sono pronte a spiccare il volo, Il Tirreno, 10 agosto 2012. URL consultato il 17 dicembre 2012.

19/09/2016

Un mondo da tenersi alla larga : il DEEP WEB

Per coloro che già sono a conoscenza dell'argomento possono tranquillamente saltare il tutto; per gli altri, invece, consiglio vivamente di seguire questo articolo e di vedere i relativi video che ho scelto e pubblicato appositamente. Coloro che, nonostante tutto, volessero provare il brivido di entrare nel DEEP WEB, citerò quello che disse un tassista ad un mio amico che voleva visitare il ghetto nero di Harlem : - " Ti ci ho portato  ma io dentro il ghetto non entro. Ti lascio qui e ti arrangi".
Lo stesso vale per voi. Al 95% vi troverete in chat con pedofili, trafficanti di armi, spacciatori, terroristi e probabili assassini. Delinquenti ma non stupidi. Tutti hacker che sanno il fatto suo e possono venire a conoscenza di tutti i vostri dati compreso il vostro indirizzo. Quindi si raccomanda di essere super esperti di informatica per difendersi perché vi troverete nella fossa dei leoni. Buona fortuna. Uomo avvisato...

Cos'è il Deep Web (e perché NON dovresti andarci)


Hai mai visto un iceberg? Immagino di si.
Hai mai visto come appare un iceberg sotto il livello del mare? Forse no.
Bello vero? Ora, se ti dicessi che l’internet come lo conosci tu è solo la parte emersa dell’iceberg?
E se aggiungessi che esiste un “internet”, chiamato Deep Web, grande circa 500 volte quello “pubblico” (detto Clear Web) dove agiscono governi, terroristi, pedofili, trafficanti di droga e tanta altra bella gente?
E se, come ciliegina sulla torta, ti dicessi che navigare sott’acqua è alla portata di tutti?
In questo articolo ti spiegherò pure come fare, ma con un obiettivo importante: toglierti la curiosità (non mentire, ce l’hai…) e salvarti il portafogli e la reputazione.

Cosa c’è nel Deep Web?

Volgarmente c’è tutto ciò che non puoi trovare tramite Google, ossia ciò che non è indicizzato, volutamente o meno. Il Governo degli Stati Uniti ha ovviamente un sito istituzionale, ma davvero credi sia tutto lì? Idem l’FBI o qualunque altro ente che non può lasciare trasparire tutte le informazioni.
Credevi davvero che i jihadisti utilizzassero solo twitter? Sarebbe troppo semplice trovarli e stanarli. Quello è utilizzato solo a fini quasi pubblicitari, visto che i messaggi verranno letti da chi conosce solo il Clear Web e che crede Internet sia soltanto quello.
Allo stesso modo la Polizia Postale agisce sott’acqua alla ricerca di criminali informatici, truffatori, pedofili. Mettiamola così: quando in TV senti che è stata sgominata un gruppo di pedofili non si scambiavano certo le foto tramite Facebook.
Eppure nell’immaginario comune il pedofilo “sta su internet” e quindi Internet è male. Sbagliato. E’ come usi questo strumento ad essere giusto o sbagliato. Con un’automobile puoi andare a fare una gita in campagna ma potresti anche investire pedoni come in Carmageddon. C’è una bella differenza, no?
Ti cito giusto due argomenti letti in un forum, giusto per toglierti (spero) un po’ di curiosità:
Utente 1: “Come posso distruggere la vita di questa persona?”
Utente 2: “Che dati possiedi?”
Utente 1: “Nome, cognome e numero di telefono”
Utente 2: “Contattami che ne parliamo”
Oppure…
Utente 1: “Come posso organizzare una truffa su eBay?”
Utente 2: “Di che tipo? Perché potresti fare facilmente così… “
Seguono quaranta righe di spiegazione dettagliata. Attenzione, c’è anche chi scrive:
Ciao, ho sedici anni e non ho successo con le ragazze. Come posso fare?

Una curiosità a luci rosse

Armi, droga…sesso! Se la pornografia è così diffusa sull’Internet come lo conosco io, figurati nel Deep Web!
Tutt’altro: tutto il porno è nel Clear Web. Strano vero?
No, per un semplice motivo: la pornografia (entro certi limiti, chiaro) è legale e c’è gente disposta a pagare per averla. Quindi perché nasconderla? Sarebbe una follia commerciale, essendo il business #1 del Web.
Nel Deep Web c’è solo la pornografia illegale, ma quella non è questione di indole personale. Non c’è da dire se sia morale o meno. Quella è solo perversione e disturbo psichiatrico da limitare e curare. Altrimenti non verrebbe nascosta, no?

Cosa serve per l’immersione nel Deep Web?

Una mappa!

Parliamo per metafore. Nel mondo emerso sappiamo orientarci grazie agli indirizzi. La tua banca è in via Roma 5, il tuo blog preferito è www.massimocappanera.it (!). Sott’acqua non puoi indirizzare qualcuno con una via, né tantomeno dire che ciò che cerchi è accanto alla settima conchiglia a destra. Nel mondo emerso usi Google per cercare, nel Deep Web non esiste un motore di ricerca e gli indirizzi sono una sequela di caratteri alfanumerici tipo 2m54k45m43kl23m5l34523.onion, modificati spesso e rintracciabili tramite servizi come Hidden Wiki. La mappa, appunto.

Onion? Cipolla?!

L’estensione .onion al posto di .it .com e così via richiama il simbolo del software utilizzato per entrare nel Deep Web, vale a dire il browser TOR (The Onion Router), liberamente scaricabile e utilizzabile. Vai su Google, cerca “Tor browser” e lo trovi subito. Con questo browser, che è una versione modificata di Firefox, è possibile “leggere” gli url .onion e raggiungere la tua meta nel Deep Web.
Il browser TOR procede anche a criptare i dati, nascondere l’indirizzo IP tramite il quale potresti essere rintracciato e rendere relativamente anonima la tua navigazione. Relativamente perché, se non sei esperto fai la figura di chi entra dentro un covo di terroristi con una coperta sulla testa, credendo di essere invisibile.

La parte più importante: perché NON dovresti andare nel Deep Web

Come detto, il mio obiettivo è soddisfare il tuo interesse ed evitare tu ci vada da solo senza la minima competenza. Perché?
Perché sarebbe l’equivalente ad andare ricoperto di gioielli e urlando di essere ricco lungo la strada principale del quartiere più malfamato del mondo.
No, un momento, non è l’esempio più adatto. Credo sia più pregnante quello di immergerti tutto sporco di sangue nel bel mezzo di un branco di squali, credendo che tanto riuscirai a nuotare più velocemente di loro.

Cosa rischi?

Dai, dillo, non ti ho convinto. La prospettiva del tuo femore masticato da un pescecane non ti turba più di tanto. Quindi sarò meno metaforico.
Ti piacerebbe trovare il tuo conto corrente svuotato la prossima volta che andrai a vedere il tuo online banking? Ti piacerebbe essere spiato da uno estraneo tramite la tua webcam, senza che tu lo sappia? O ti piacerebbe che la polizia bussasse alla tua porta, ti arrestasse e trovasse materiale di stampo pedopornografico, terroristico o altre robe poco simpatiche nel tuo hard disk?
Ma io non ho mai salvato nulla genere!
Appunto, tu no. Qualcun altro si, senza che tu lo sapessi. Ma vallo a dimostrare.

Soddisfatto (e dissuaso)?

Spero di averti tolto ogni curiosità in merito al Deep Web. Se no, scrivimi pure nei commenti, visto che davvero voglio evitare tu ci vada.
E allora perché ne hai parlato?
Perché ultimamente si parla spesso di Deep Web. Le Iene, Report, Striscia la Notizia a volte ne parlano, dicendo che è proibito, illecito, pericoloso.
In altre parole: allettante.
Peccato che di allettante, in questa storia, ci sia solo tu, i tuoi soldi e i tuoi dati personali.

Per qualcun altro, però.