Il termine “swing” significa letteralmente “oscillare” o “dondolare”.
Si tratta di un’espressione che è diventata indicativa di un genere
musicale unico e rappresentativo di un’intera epoca. Siamo negli Stati
Uniti, patria del jazz, dove già da qualche tempo erano attive le
cosiddette big band sia in ambiente newyorkese che a New Orleans. Alla
fine degli anni ’20 cominciò invece a farsi strada un nuovo modo di
concepire la sessione ritmica e l’esecuzione delle note all’interno dei
brani che divennero particolarmente movimentati, dinamici, ed eseguiti
in un mood che potrebbe appunto essere definito sincopato e “oscillante”
come appunto indicato dal verbo “to swing”.
Storicamente questo fenomeno culturale è il prodotto di una serie di cambiamenti verificatisi all’interno della società americana in età contemporanea. Dopo il periodo del proibizionismo, cominciò a diffondersi un forte bisogno di innovazione anche sotto il profilo musicale e nel campo dell’intrattenimento. Così, tra gli anni ‘30 e ‘40 il genere promosso dalle big band che eseguivano composizioni swing divenne popolarissimo.
Il termine big band fa riferimento proprio al fatto che queste formazioni comprendevano una serie di strumenti a fiato più pianoforte, contrabbasso, batteria e chitarra. Si esibivano prevalentemente nelle sale di ballo, e grazie ai progressi tecnici del periodo, iniziarono anche a realizzare delle registrazioni, con supporto di case discografiche.
Con la crisi economica della fine degli anni ‘20, lo swing, accanto a tutto il settore dell’intrattenimento, subì dunque un duro contraccolpo. I musicisti cercarono allora di trasferirsi in Europa alla ricerca di condizioni più favorevoli oppure resero la loro musica più orecchiabile, ballabile e popolare. Da questo momento le grandi orchestre swing ebbero così un grande successo raggiungendo fette di pubblico più vasto e non a caso in riferimento a questi anni, e dunque al periodo che va dagli anni ‘30 ai ‘40, si parla di Era dello Swing. Molti dei protagonisti di questi sviluppi erano musicisti bianchi.
Dunque il jazz, pur essendo un fenomeno nato all’interno delle comunità afroamericane nel Sud degli Stati Uniti agli inizi del Novecento, si arricchisce anche dell’apporto di musicisti bianchi alimentando sperimentazioni originali. Il jazz è ancora oggi un genere vitale e dinamico e per sua a natura sempre in evoluzione. Tra i nomi più importanti che diedero il proprio contributo allo sviluppo del genere si annoverano Duke Ellington, Count Baisie, Benny Goodman detto anche il Re dello Swing, Glenn Miller, Harry James. Lo swing ebbe come centri di sperimentazione due città importanti come New York e Kansas City.
Una curiosità legata all’origine del termine è legata a una canzone famosa di Duke Ellington del 1932: It don’t mean a thing if it ain’t got that swing (Non significa nulla se non ha swing). In questo brano sembra che il termine sia stato utilizzato per la prima volta in un contesto prettamente musicale. Dunque, lo swing è anche un’attitudine, un modo di eseguire ritmicamente il brano. Non a caso “avere swing” significa proprio avere questa predisposizione a eseguire il brano in una certa modalità.
Si parlava di come ballare lo swing. A tal proposito esistono diverse danze collegate allo sviluppo dello swing. Tra queste il cosiddetto Lindy Hop è uno degli stili più noti. Si balla generalmente in coppia ma può comprendere passi che vanno eseguiti da soli chiamati solo steps. Questo linguaggio che affonda le sue radici nei cosiddetti Charleston e nel Collegiate, ovvero da alcune social dance, è collegato anche al Boogie Woogie e al Rock and Roll che si sviluppano successivamente. Attorno al 1927, un ballerino di nome George Shorty Snowden di Harlem cominciò a ballare in questo modo particolare dando vita a un vero e proprio fenomeno di massa. Successivamente negli anni ’30 si fece strada un altro ballerino di Lindy Hop chiamato Frankie Manning, il quale integrò allo stile dei movimenti acrobatici definiti Air Step. Non a caso il termine “hop” significa proprio “balzo”, “salto”. La leggenda racconta che il nome del genere di danza è legato proprio al fatto che Shorty Snowden eseguì i suoi passi durante una maratona di ballo che celebrava la trasvolata sull’Atlantico dell’aviatore Charles Lindebergh, che era detto appunto Lindy.
Storicamente questo fenomeno culturale è il prodotto di una serie di cambiamenti verificatisi all’interno della società americana in età contemporanea. Dopo il periodo del proibizionismo, cominciò a diffondersi un forte bisogno di innovazione anche sotto il profilo musicale e nel campo dell’intrattenimento. Così, tra gli anni ‘30 e ‘40 il genere promosso dalle big band che eseguivano composizioni swing divenne popolarissimo.
Il termine big band fa riferimento proprio al fatto che queste formazioni comprendevano una serie di strumenti a fiato più pianoforte, contrabbasso, batteria e chitarra. Si esibivano prevalentemente nelle sale di ballo, e grazie ai progressi tecnici del periodo, iniziarono anche a realizzare delle registrazioni, con supporto di case discografiche.
Con la crisi economica della fine degli anni ‘20, lo swing, accanto a tutto il settore dell’intrattenimento, subì dunque un duro contraccolpo. I musicisti cercarono allora di trasferirsi in Europa alla ricerca di condizioni più favorevoli oppure resero la loro musica più orecchiabile, ballabile e popolare. Da questo momento le grandi orchestre swing ebbero così un grande successo raggiungendo fette di pubblico più vasto e non a caso in riferimento a questi anni, e dunque al periodo che va dagli anni ‘30 ai ‘40, si parla di Era dello Swing. Molti dei protagonisti di questi sviluppi erano musicisti bianchi.
Dunque il jazz, pur essendo un fenomeno nato all’interno delle comunità afroamericane nel Sud degli Stati Uniti agli inizi del Novecento, si arricchisce anche dell’apporto di musicisti bianchi alimentando sperimentazioni originali. Il jazz è ancora oggi un genere vitale e dinamico e per sua a natura sempre in evoluzione. Tra i nomi più importanti che diedero il proprio contributo allo sviluppo del genere si annoverano Duke Ellington, Count Baisie, Benny Goodman detto anche il Re dello Swing, Glenn Miller, Harry James. Lo swing ebbe come centri di sperimentazione due città importanti come New York e Kansas City.
Una curiosità legata all’origine del termine è legata a una canzone famosa di Duke Ellington del 1932: It don’t mean a thing if it ain’t got that swing (Non significa nulla se non ha swing). In questo brano sembra che il termine sia stato utilizzato per la prima volta in un contesto prettamente musicale. Dunque, lo swing è anche un’attitudine, un modo di eseguire ritmicamente il brano. Non a caso “avere swing” significa proprio avere questa predisposizione a eseguire il brano in una certa modalità.
Si parlava di come ballare lo swing. A tal proposito esistono diverse danze collegate allo sviluppo dello swing. Tra queste il cosiddetto Lindy Hop è uno degli stili più noti. Si balla generalmente in coppia ma può comprendere passi che vanno eseguiti da soli chiamati solo steps. Questo linguaggio che affonda le sue radici nei cosiddetti Charleston e nel Collegiate, ovvero da alcune social dance, è collegato anche al Boogie Woogie e al Rock and Roll che si sviluppano successivamente. Attorno al 1927, un ballerino di nome George Shorty Snowden di Harlem cominciò a ballare in questo modo particolare dando vita a un vero e proprio fenomeno di massa. Successivamente negli anni ’30 si fece strada un altro ballerino di Lindy Hop chiamato Frankie Manning, il quale integrò allo stile dei movimenti acrobatici definiti Air Step. Non a caso il termine “hop” significa proprio “balzo”, “salto”. La leggenda racconta che il nome del genere di danza è legato proprio al fatto che Shorty Snowden eseguì i suoi passi durante una maratona di ballo che celebrava la trasvolata sull’Atlantico dell’aviatore Charles Lindebergh, che era detto appunto Lindy.